La storia dei piani per digitalizzare il nostro Paese è molto simile a quella che porta all’inferno, cioè lastricata di buone intenzioni. A partire dal lontano 1995, quando Ernesto Pascale, allora a capo di SIP (poi diventata Telecom), lanciò il celebre Progetto Socrate per cablare in fibra ottica tutta Italia, naufragato nel 1997. E ancora quando nel 2003, sotto l’allora Ministro Stanca del Governo Berlusconi, vide la luce il Codice dell’amministrazione digitale (CAD), la cui vita è stata nella migliore delle ipotesi “tormentata”. Nel mezzo e in seguito non sono mancati annunci, proclami, strategie, leggi e norme in un profluvio di “buone intenzioni” talvolta contraddittorie (prendiamo lo strano caso dello Spid e della Carta di Identità elettronica), spesso disattese e sempre, laddove portate a compimento, in tempi biblici.
Arriviamo ai giorni nostri con la presentazione del Ministro dell’Innovazione Colao della relazione sulle priorità della digitalizzazione nella Pubblica amministrazione. I temi sul tavolo con i dovuti aggiornamenti e rebranding del caso (vedi Cloud e cybersecurity al posto di outsourcing e sicurezza informatica) sono sostanzialmente i soliti. Quindi il “cosa” è abbastanza chiaro, il “perché” appare lapalissiano, ma possiamo domandarci se il “chi”, il “come” e il “quando” si riveleranno ostacoli come sempre insormontabili e questa volta per la ragione opposta a quella che da sempre ha reso la trasformazione digitale della Pubblica amministrazione una chimera: la perpetua carenza di soldi. Questa volta, invece, di denaro potrebbe essercene una montagna. Complice anche il Recovery Fund si parla di molte decine di miliardi di euro e inevitabilmente al banchetto vorranno partecipare tutti.
Spendere male è molto facile quando le cifre sono astronomiche e il rischio, per accontentare tutti, è quello di sostenere progetti tra loro scoordinati, incoerenti o peggio in sovrapposizione (penso al cablaggio in fibra e al 5G che se non gestiti in modo integrato presentano proprio questo rischio). Questo ci porta direttamente al “come” che sarà la cosa più difficile perché storicamente nel nostro Paese tutti hanno sempre una strategia, ma purtroppo nel momento in cui deve essere declinata nella pratica sembra ci siano sempre difficoltà insormontabili. Di solito chi deve farlo e non ci riesce punta il dito contro la burocrazia. Semplificando al massimo sembra che ci sia mezza Italia che viene pagata per mettere i bastoni tra le ruote all’altra metà.
Eccoci infine al “quando” e ancora una volta la storia ci dice che praticamente non abbiamo mai centrato un obiettivo temporale. Nel caso il problema non era mai il piano, ma per le ragioni di cui sopra quanto piano procedevano le attività per realizzarlo.
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