Il “piano Mattei” per l’Africa ha cominciato a prendere forma con la due giorni istituzionale che si è chiusa ieri. Un vertice che ha inaugurato l’anno di presidenza italiana del G7 radunando al Senato i rappresentanti di 46 Paesi e 25 organismi internazionali. Le opposizioni hanno tentato di ridicolizzare l’iniziativa presentandola come una scatola vuota e una passerella elettorale di Giorgia Meloni. In questo, in realtà, c’è parecchia sottovalutazione. I 5,5 miliardi di euro stanziati per sostenere lo sviluppo del continente (3 miliardi sono stati presi dal fondo italiano per il clima, 2,5 dal fondo per la cooperazione allo sviluppo) non sono molti e sicuramente non sono risolutivi. Ma è comunque un inizio. Un passo concreto che ha pochi precedenti e che pone, almeno nelle intenzioni, un metodo nuovo. Basta aiuti “caritatevoli” – così ha detto la Meloni – cioè di carattere assistenzialistico, ma progettazione “paritaria” e “non predatoria”. Niente neocolonialismo, che resta il modello seguito dalla Cina la quale sta sfruttando l’Africa per privarla delle sue risorse naturali in cambio di infrastrutture pur indispensabili.



Si lavorerà in cinque aree di intervento: istruzione e formazione professionale, salute, acqua, energia e agricoltura. “Più lavoro in Africa”, ha spiegato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, significa dare “un colpo decisivo ai trafficanti di esseri umani”. La base degli interventi sarà una piattaforma programmatica condivisa per progetti costruiti insieme con i Paesi africani.



Su questo, per la verità, la premier ha dovuto incassare il primo intoppo diplomatico. Ne è stato protagonista Moussa Faki, l’ex primo ministro del Ciad che ora presiede la Commissione dell’Unione africana. Faki è il politico imitato qualche mese fa da due comici russi che si erano spacciati per lui in una telefonata burla che aveva ingannato Giorgia Meloni e tutto il suo staff. L’altro giorno, al momento di stringergli la mano, la premier ha scherzato dicendo: “È quello vero”. Ma Faki, nell’intervento ufficiale, ha rimproverato il governo italiano: “Avremmo auspicato di essere coinvolti prima”. “Non ci possiamo più accontentare di promesse, spesso non mantenute”, ha aggiunto.



Dalla zona subsahariana è poi arrivato un altro brutto colpo, con l’annuncio che tre nazioni (Mali, Niger e Burkina Faso) hanno ritirato, con effetto immediato, le delegazioni dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas). Si tratta di Paesi governati da regimi militari insediatisi negli ultimi anni grazie a colpi di Stato. L’effetto è stato un avvicinamento alla Russia e un allontanamento dall’orbita occidentale, in particolare della Francia.

A sostegno della Meloni resta comunque il coinvolgimento dei vertici europei che continuano a dare credito al governo di centrodestra. Al summit Italia-Africa erano presenti Ursula von der Leyen (presidente Commissione Ue), Charles Michel (presidente Consiglio Ue) e Roberta Metsola (presidente Europarlamento). Il “piano Mattei per l’Africa” rappresenta “un vero e proprio cambiamento di mentalità che era atteso da tempo”, ha detto quest’ultima definendo la premier italiana “una donna pro-Ue molto forte”.

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