Dal 2007 in poi il piano pandemico dell’Italia non è stato mai aggiornato. Ai sospetti, attorno a cui è scoppiato un vero e proprio caso internazionale, si aggiungono le indicazioni del generale in pensione Pier Paolo Lunelli, il quale nella sua carriera ha realizzato diversi protocolli pandemici per diversi Stati Ue. In un suo report, dal titolo “Il nostro Paese si è attenuto alle prescrizioni del Regolamento Sanitario Internazionale entrato in vigore nel 2007?”, sottolinea che il piano pandemico del 2006 doveva essere riscritto nel 2007, anno in cui è entrato in vigore l’ultimo aggiornamento della Regolamentazione Sanitaria Internazionale. Il documento di Lunelli, consegnato in esclusiva ad Anagenesis, centro di ricerca e monitoraggio pianificazione pandemica, è stato visionato dall’AdnKronos, che riporta l’analisi di Lunelli. Il documento Rsi, spiega il generale, è giuridicamente vincolante e ha lo scopo di garantire la massima sicurezza contro la diffusione delle malattie epidemiche, «attraverso il rafforzamento della sorveglianza delle malattie infettive mirante ad identificare, ridurre o eliminare le loro fonti di infezione o di contaminazione».



Da un lato pone le basi per la prevenzione, dall’altro «postula l’acquisizione di una serie di capacità fondamentali in campo sanitario che dovevano essere attivate entro il 16 giugno 2012 […] improrogabilmente entro la metà del 2016, molto prima dell’emergenza Covid-19». Ma non è stata elaborata alcuna legge che chiarisca come lo Stato italiano debba esercitare la sua competenza esclusiva in materia di profilassi internazionale a livello nazionale, regionale e locale, ai sensi del Regolamento Sanitario Internazionale. «Si trattava di rivedere o istituire normative, decreti, prescrizioni, atti, ordinanze e regolamenti, protocolli governativi e interministeriali, compiti e responsabilità ai vari livelli».



PIANO PANDEMICO NON AGGIORNATO, ITALIA IMPREPARATA

Pier Paolo Lunelli, come riportato dall’AdnKronos, nel suo report chiarisce che la responsabilità della definizione di politiche nazionali di sanità pubblica spetta ai singoli Stati membri e precisa che se pure uno solo di essi non offre le garanzie richieste dal Regolamento Sanitario Internazionale, si mettono a rischio tutti gli altri Paesi. Ed è facile intuirlo, considerando anche l’apertura dell’Unione europea a traffici di persone e cose, «quindi anche ad agenti epidemici». Il generale, inoltre, ha evidenziato che in data 25.07.2014 la Commissione Ue ha elaborato un documento da usare come modello per acquisire informazioni sull’implementazione della Rsi e sullo stato della pianificazione e preparazione e della risposta ad un’emergenza sanitaria epidemica, che va presentato ogni tre anni a partire dal 07.11.2014.



Ma non è finita qui. Nel documento consegnato al think tank creato dall’ex responsabile della comunicazione del comitato Noi Denunceremo, il generale in pensione Pier Paolo Lunelli ha spiegato anche che il lockdown nazionale dello scorzo marzo era dovuto ad un sistema di sorveglianza mai testato, «decisione assunta come ultima spiaggia per guadagnare tempo in assenza di dati affidabili e per provare a rodare una macchina organizzativa mai precedentemente testata con un’esercitazione». Nel report precisa, infatti, che solo alla fine della seconda metà di marzo il flusso dei dati nel sistema di comando e controllo si è assestato, fornendo un quadro sufficientemente chiaro della situazione per prendere le decisioni appropriate. Ipotizza addirittura l’assenza di «procedure operative standard che indicassero come i dati dovevano essere comunicati».

PIANO PANDEMICO ITALIA, LE RIPERCUSSIONI

Tutto ciò potrebbe avere ripercussioni pesantissime. Le ha spiegate l’avvocato Consuelo Locati, rappresentante legale dell’azione civile contro Governo e Regione Lombardia. «L’omissione di segnalare all’OMS/RSI nel 2012, 2013, 2014, 2015 e 2017 lo stato di sviluppo delle capacità fondamentali richieste dall’RSI potrebbe configurarsi come in un’ipotetica omissione d’atti d’ufficio in virtù dell’obbligo sancito in materia», ha dichiarato all’AdnKronos. Quindi, le segnalazioni non veritiere negli anni 2010, 2011, 2016, 2018 e 2019 potrebbe «potrebbe eventualmente configurare un’ipotesi di falso ideologico». Lo stesso generale ha parlato di prove logiche che dimostrano come il nostro Paese abbia sovrastimato in maniera esagerata le sue capacità quando ha risposto all’Organizzazione mondiale della sanità. C’è stata, infatti, un’autovalutazione complessiva dell’87% non dimostrata. «Alla prova dei fatti, sappiamo che sono venute alla luce gravissime carenze di carattere strutturale e organizzativo in molti settori».