I verbali della task force pubblicati di recente dal ministero della Salute accendono un faro anche sulla delicata questione del Piano pandemico. Il tema viene affrontato il 15 febbraio, ma già il 29 gennaio Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive (INMI) “Lazzaro Spallanzani”, lo tira in ballo, suggerendo di adeguarlo in virtù delle indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Nel verbale è scritto: «Riguardo la definizione di procedure omogenee, consiglia di riferirsi alle metodologie del Piano pandemico di cui è dotata l’Italia e di adeguarle alle linee guida appena rese pubbliche dall’OMS». Parole che sembrano cadere nel vuoto, visto che poi se ne torna a parlare il 15 febbraio senza aver concluso nulla nel frattempo. Eppure, il ruolo dei piani pandemici è proprio quello di fornire dei riferimenti per affrontare le emergenze. Francesco Paolo Maraglino, del settore Prevenzione del ministero, «evidenzia la necessità di procedere ad un aggiornamento del Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale, risalente al 2009». La procura di Bergamo ha poi scoperto che in realtà risale al 2006.



IL CASO PIANO PANDEMICO NEI VERBALI

Il Piano pandemico nasce su invito dell’Oms e dell’Ue affinché ogni Paese abbia gli strumenti per fronteggiare una pandemia di tipo influenzale. Il coronavirus non rientra in quella tipologia, ma l’Oms nel gennaio 2020 aveva invitato tutti i Paesi a usarlo insieme alle linee guida generali anche per Sars-CoV-2. Ma solo il 16 febbraio viene annunciato, da Francesco Paolo Maraglino, che bisogna far partire un gruppo di lavoro per l’aggiornamento, visto che era fermo da anni. La procura di Bergamo, dopo aver letto i verbali della task force, si è chiesta il motivo per il quale vi è un riferimento alla necessità di aggiornarlo, visto che molti dirigenti del ministero della Salute, sentiti nei mesi successivi, hanno dichiarato che il Piano pandemico influenzale non sarebbe stato utile per affrontare il Covid. Forse c’era una utilità se lo si voleva aggiornare, infatti lo si è fatto ad emergenza in corso.



LE OMISSIONI SECONDO LA PROCURA DI BERGAMO

Per quanto vecchio (non era aggiornato da 14 anni), poteva essere utile per fornire le prime istruzioni. Contiene, ad esempio, indicazioni su approvvigionamento di dispositivi di protezione e gestione degli ospedali con percorsi separati. Invece non c’è traccia della sua applicazione. Non a caso per la procura di Bergamo le omissioni che potrebbero avere rilievo penale sono due. Le riporta il Corriere della Sera: il mancato aggiornamento del Piano pandemico e la sua mancata applicazione. Forse poteva difficilmente essere applicato un piano del 2006 privo di indicazioni pratiche, ma in quanto legge poteva essere comunque valutato per il suo utilizzo. Infatti, nel verbale della task force dell’11 febbraio il viceministro Pierpaolo Sileri sottolinea che serve «una ricognizione sui reparti di malattie infettive esistenti, sul numero dei posti letto dedicati 24 ore su 24, sul numero dei respiratori e di personale disponibili». Tutti aspetti che un Piano pandemico dovrebbe affrontare.

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