Sarà un modello di discarica zero, mentre la decarbonizzazione della filiera dello smaltimento rifiuti diventerà addirittura negativa con l’innovativo sistema di cattura della CO2 da installare sul camino del termovalorizzatore romano. Il contrastato progetto di inceneritore con recupero di energia, reo di aver determinato persino la rottura nella maggioranza governativa, è un tassello della rete impiantistica prevista dal piano di chiusura del ciclo dei rifiuti di Roma presentato ufficialmente ieri dal Sindaco Gualtieri. Si parte da una situazione oltremodo precaria, di perenne emergenza dove il 30% dei rifiuti prodotti a Roma finisce in discarica e il 38% viene bruciato in termovalorizzatori in giro per l’Italia e all’estero con un costo di trasporto elevato e ambientalmente impattante. Solo il 9% dei rifiuti della città viene trattato localmente. Una situazione senza uguali in Europa, riconosce Roberto Gualtieri, che per spezzare questa dipendenza da impianti di terzi fuori dal territorio comunale ha predisposto una strategia articolata su 4 direttrici. 



Riduzione del volume di rifiuti: meno 8,3% nell’arco dei prossimi 8 anni. Un calcolo prudente e nonostante tutto sfidante per effetto della progressione dei parametri che incidono sul volume dei rifiuti (Pil in crescita, ripresa dei flussi turistici con previsioni in aumento con il Giubileo e circa 4 milioni di pendolari che gravitano giornalmente sulla capitale). Poi l’aumento del tasso di raccolta differenziata per ridurre la produzione di rifiuti che non possono essere avviati a recupero di materia. L’obiettivo è portare l’attuale 45,2% al 65% nel 2030 e fino al 70% nel 2035. Valori elevati per una grande metropoli anche se, ci tiene a precisare Gualtieri, non sono i numeri spettacolari, scollati dalla realtà e destinati a non essere raggiunti come ha fatto chi ci ha preceduto. Sono numeri che nascono dalla ricostruzione dettagliata dei flussi e della capacità di ridurre ogni frazione di rifiuti delle utenze domestiche, di quelle commerciali, delle terre di spazzamento, delle costruzioni e demolizioni. La quota di rifiuti indifferenziati si contrae dalle attuali 925mila tonnellate a 728mila nel 2030 e 661mila nel 2035. La destinazione per quella tipologia di scarti è o discarica o termovalorizzatore. L’obiettivo del piano è di abbattere a un sesto la quota che finisce in discarica e portarla al 4,8% entro il 2030 e al 3,2% nel 2035. Ben sotto la soglia massima di 10% indicata dalla strategia europea di economia circolare. 



Terzo, assicurare l’autosufficienza impiantistica territoriale per un investimento complessivo di oltre un miliardo di euro. Comprende 30 isole ecologiche distribuite per facilitare il conferimento per filiere target (olii, legno, elettronica…), due nuovi impianti da 100mila tonnellate per la selezione delle selezione di frazioni secche come carta e plastica, due biodigestori anaerobici per l’organico e un termovalorizzatore da 600 tonnellate di capienza. Mentre l’utilizzo effettivo, circa 540 mila tonnellate, è calibrato per difetto per non essere sovradimensionato rispetto ai bisogni della municipalità, e incentivare così l’importazione di rifiuti da fuori regione. L’impianto di trattamento termico, la cui localizzazione non è ancora stata ufficializzata, sarà operativo nel 2026 secondo le più avanzate tecnologie sul mercato per abbattere le emissioni e ridurre le ceneri residuali. Sarà anche all’avanguardia per il suo sistema di cattura e riutilizzo di carbonio, CCU, finanziato con i fondi del Pnrr. Si tratta delle prime sperimentazioni su scala industriale in Europa. Progetti simili si trovano in Danimarca, Norvegia, Francia e Regno Unito. In Olanda è già operativo sul termovalorizzatore di Duivent e la CO2 viene reiniettata nelle adiacenti serre per accrescere la resa della floricoltura.



La ristrutturazione del ciclo dei rifiuti prevista dal piano di Gualtieri porterà all’abbattimento fino al 90% delle emissioni rilasciate in atmosfera. Non solo grazie ai nuovi impianti, ma anche a una riorganizzazione dei processi. Implicitamente verranno dribblati i famigerati Tmb, centri di pre-trattamento meccanico-biologico (quello di Malagrotta si è incendiato un mese e mezzo fa, quattro anni fa quello del Salario); disfunzionali per la logistica del servizio di raccolta vengono usati pretestuosamente per “rinominare” in ecoballe speciali dei rifiuti domestici indifferenziati e aggirare così il divieto di esportarli fuori dal proprio territorio.

Obiettivi di eccellenza come quelli descritti dal Sindaco non si raggiungono nel giro di qualche mese. E nel frattempo s’interrogano i romani rassegnati dai cassonetti stracolmi e strade invase dai rifiuti? Un percorso di miglioramento graduale. Dalla scorsa settimana gli operatori ecologici lavorano anche di domenica grazie al nuovo contratto di servizio con l’AMA. Con un mese di anticipo sono arrivati cestini urbani predisposti per la raccolta differenziata al quartiere San Lorenzo e altri seguiranno nel resto della città. Entro fine anno sarà operativo il servizio di raccolta specifico per bar e ristoranti. A luglio è partito il programma pilota di spazzamento e pulizia meccanizzato di strade e marciapiedi. Nella fase transitoria il sindaco Gualtieri è fiducioso, dopo l’approvazione definitiva del piano entro il 15 ottobre conclusa la procedura VAS, di riuscire a stabilizzare gli sbocchi temporanei fino all’autosufficienza impiantistica. 

Rimuovere questa precarietà, che costringe il sindaco della capitale d’Italia a piatire con suoi colleghi, ogni 2/3 settimane, spazio per i suoi rifiuti, inciderebbe anche sull’efficienza della raccolta.

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