Mentre i leader europei con imperdonabile ritardo si lambiccano su possibili misure condivise contro le impennate del gas, tra cui un tetto al prezzo del gas russo e un “commissariamento” della Borsa olandese Ttf, il mercato degli scambi di transazioni finanziarie sottostanti al gas, la riduzione della domanda resta l’unica risposta efficace nel breve. Tanto più se i flussi di gas dalla Russia si fermeranno completamente nel caso in cui, come minaccia il Cremlino, non saranno revocate le sanzioni. In questo caso non c’è tetto al prezzo di una commodity che viene a mancare che possa risolvere il problema di fondo e la riduzione della domanda dovrà per forza essere ancora maggiore di quella sperimentata finora.



Una riduzione dei flussi di fornitura di gas senza una preventiva flessione dei consumi sarebbe una Caporetto. Politicamente difficilissima, la strategia preventiva dei razionamenti, da alcuni soprannominata “winter is coming” che riecheggia il titolo del primo episodio della stagione Trono di Spade intesa come essere pronti al peggio, per l’Italia è riassunta nel Piano di contenimento dei consumi di gas relativo al settore civile, abitativo, residenziale, sia pubblico che privato, presentato ieri dal ministero per la Transizione ecologica.



Il piano si prefigge di tagliare tra 1° agosto 2022 e 31 marzo 2023, 8,2 miliardi di metri cubi di consumo di gas, usando diverse misure, che escludono per ora l’industria. La massimizzazione della produzione elettrica da fonti diverse dal gas, a cominciare dal carbone e dall’olio, copre circa un quarto dei consumi di gas russo evitati. Il contenimento del riscaldamento in case e uffici/commercio pesa per quasi il 40%. Si confermano i 15 giorni in meno all’anno di riscaldamento, la decurtazione di un’ora della durata giornaliera di accensione (variabile a seconda della zona geografica) e la riduzione di temperatura a 19°C con variazione di tolleranza di 2 gradi in più o in meno nelle case, nelle scuole, negli ospedali e negli uffici e 17°C per gli edifici destinati ad attività industriali e artigianali.



Il risparmio rimanente si ottiene con misure comportamentali volontarie da parte dei cittadini. Per incoraggiare atteggiamenti che ci riportano indietro di mezzo secolo all’epoca del primo shock petrolifero, quando le misure anti-spreco non avevano ancora finalità climatiche ma intrecciavano la valenza geopolitica ed economica attuali, il piano ministeriale prevede una campagna di comunicazione istituzionale per un consumo più consapevole di elettricità e gas.

Viene rilanciato il rapporto Enea, che promette fino al 10% di risparmi. Il piano – in attesa di decreti attuativi – riduce la pressione sugli stoccaggi riempiti sì oltre il rassicurante limite del 80%, ma dissanguando gli operatori energetici, tant’è che alcuni in affanno di liquidità invocano interventi di salvataggio statali. Come dimostra la linea di credito di 4 miliardi di franchi accordata dalla Confederazione elvetica ad Axpo.

Seppur limitato, si legge nel documento ministeriale, il contenimento dei consumi origina l’effetto di ridurre i prezzi al consumo, aiutando il bilanciamento tra domanda e offerta giornaliera.

È confortante che nel dibattito energetico, dopo tanto parlare di rincaro dei prezzi e stoccaggio, ci si occupi – finalmente – anche dei flussi di domanda. Probabilmente rimarrà un meritevole esercizio astratto, perché i risparmi si faranno comunque… per forza.

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