Col Consiglio dei ministri di ieri si è aperta la stagione autunnale dei documenti di finanza pubblica che culminerà più avanti con la presentazione da parte del Governo e il successivo esame da parte del Parlamento della Legge di bilancio per il prossimo anno. Intanto ieri il Governo ha dato un via libera provvisorio al “Piano strutturale di bilancio di medio termine”, il nuovo documento introdotto la scorsa primavera dalla riforma delle regole di bilancio europee nell’ambito della riattivazione delle procedure e dei vincoli del Patto di stabilità e crescita che, ricordiamo, erano stati sospesi per tutto il periodo 2020-24 in quanto non compatibili con gli effetti economici prodotti dalla crisi del Covid.
La funzione del Piano strutturale è quella di definire il percorso della spesa pubblica netta aggregata in un arco pluriennale di quattro anni, che possono essere estesi a sette, assieme alle riforme e agli investimenti da realizzarsi nello stesso periodo. Dopo l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri e il suo esame in Parlamento il Piano è trasmesso all’Unione europea per la sua validazione. La principale novità introdotta con le nuove regole è la scelta di un nuovo aggregato di riferimento la cui dinamica dovrà essere oggetto di controllo entro una crescita massima predefinita nel periodo di validità del piano.
La nuova grandezza di riferimento principale, che affianca ma non sostituisce il disavanzo in rapporto al Pil, è la spesa pubblica netta la cui crescita nel tempo dovrà risultare coerente con gli obiettivi stabiliti dalla Commissione europea per il rientro dai disavanzi eccessivi, da realizzarsi attraverso un piano di rientro di durata quadriennale, estendibile fino a sette anni. Per spesa netta si intende la spesa non finanziata da nuove entrate o risorse europee, calcolata senza contare gli interessi passivi sul debito e gli effetti ciclici di particolari categorie di spesa. Per estendere sino a sette anni il rientro dal deficit eccessivo il Piano dovrà prevedere un insieme di riforme e investimenti strutturali in grado di contrastare i problemi strutturali del Paese, oltre ad accogliere raccomandazioni specifiche definite per il Paese dalle istituzioni europee.
In sostanza il Piano richiede di programmare ex ante la dinamica della spesa netta, controllando con grande cura l’impiego delle risorse finanziarie per singolo esercizio e per tutta la durata del Piano. Il quale, nella sua prima formulazione, sarà in seguito incluso nel Def per l’anno seguente, mentre al termine del primo periodo di validità i Governi dovranno presentare il nuovo Piano per il periodo successivo, previsto di durata quinquennale.
Nel periodo di validità del piano gli obiettivi sulla dinamica della spesa netta potranno essere rivisti solo in casi specifici, come l’insediamento di un nuovo Governo oppure condizioni oggettive in grado di impedire prima dell’ultimo anno di validità la sua attuazione. I risultati conseguiti saranno oggetto di un monitoraggio annuale in una relazione ad hoc che dovrà essere presentata entro il 30 aprile di ogni anno.
Successivamente al Piano strutturale il successivo adempimento del Governo sarà la definizione del Documento programmatico di bilancio (Dpb), per il quale non sono state introdotte modifiche, che dovrà essere presentato alla Commissione europea come ogni anno entro il 15 ottobre. Esso conterrà gli aggiornamenti delle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica assieme ai principali ambiti di intervento della manovra di bilancio e dovrà risultare coerente con gli obiettivi sulla spesa netta indicati nel Piano strutturale.
Il Piano esaminato dal Consiglio dei ministri di ieri non è stato al momento pubblicato, ma il comunicato stampa ha precisato che “la traiettoria di spesa netta inserita nel Piano è in linea con le aspettative delle autorità europee” e “coerente con l’andamento dei principali saldi di finanza pubblica già previsto dal Programma di Stabilità dello scorso aprile”. Inoltre “nell’orizzonte temporale considerato … il tasso di crescita della spesa netta si attesterà su un valore medio prossimo all’1,5 per cento (…). Il Piano definisce anche le linee strategiche relative alle riforme e agli investimenti che il Governo ritiene di realizzare nell’orizzonte di riferimento, in particolare quelle funzionali all’estensione da quattro a sette anni del periodo di aggiustamento”.
Un dato molto importante che è emerso è che “il Governo continua a portare avanti una politica fiscale prudente e responsabile, proponendo un percorso di rientro dal disavanzo eccessivo realisticamente più ambizioso di quello prefigurato dalla Commissione europea attraverso la traiettoria tecnica, impegnandosi a scendere sotto la soglia del 3% del rapporto deficit/Pil già nel 2026”. Questo rientro nel vecchio parametro di Maastricht appare di particolare rilevanza ai fini delle valutazioni che i mercati daranno sulla sostenibilità del nostro debito.
Il Piano esaminato ieri dal Governo non sarà trasmesso immediatamente alle Camere, ma si attende al riguardo la pubblicazione delle revisioni statistiche da parte dell’Istat nell’ambito della “Revisione generale delle stime annuali dei Conti nazionali del periodo 1995-2023”, attesa tra una settimana, il prossimo 23 settembre. Se l’Istat correggerà al rialzo la stima del livello ultimo del Pil, e in conseguenza anche i rapporti nel tempo tra disavanzo e Pil e soprattutto debito e Pil, permetterà un miglior percorso programmatico per i prossimi anni. In ogni caso il Piano dovrà essere corretto per tener conto dei dati aggiornati di contabilità nazionale prima di essere trasmesso all’Unione europea.
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