Tanto tuonò che piovve. Se n’è parlato per lungo tempo, ogni “esperto” ha fatto le previsioni più disparate fino a quando, per merito del Mimit, il Consiglio dei ministri, lo scorso 2 marzo, ha emanato il D.L. nr. 19 al cui articolo 38 si dettano le regole del Piano Transizione 5.0. Purtroppo, per assicurarne un’attività corretta e completa, bisognerà aspettare almeno fino al 1° aprile, data entro la quale verranno emanati i Decreti attuativi sperando poi che, in sede di conversione in legge, il Parlamento non inserisca emendamenti tali da stravolgere l’impianto del D.L.



Se non si può che accogliere positivamente l’emanazione del provvedimento, dobbiamo prendere atto che l’attuazione non appare molto semplice per le PMI. In prima istanza non si tratta di un incentivo totalmente automatico, ma presuppone una certificazione ex ante per attestare quali siano le caratteristiche del progetto, i costi e cosa si vuole ottenere in particolare in materia di sostenibilità ambientale. Non sarà più sufficiente acquisire beni riconducibili a 4.0, ma si dovrà ancora dimostrare, con una certificazione ex post, che l’inserimento dei nuovi beni ha portato a una compressione dei costi energetici. Giustamente alle PMI viene riconosciuto un risarcimento per i costi sostenuti per ottemperare all’obbligo delle certificazioni.



Una parte fondamentale del piano è collegata alla formazione del personale, in particolare quella operante all’interno delle aziende. Però la formazione non avrà un’agevolazione a sé stante, ma potranno dedursi i costi di formazione del personale formato ai fini di accesso a competenze connesse alle tecnologie rilevanti per la transizione digitale ed energetica dei processi produttivi fino a un’aliquota massima del 10% degli investimenti effettuati. Pertanto, la formazione è incentivabile solo se sono stati effettuati investimenti.

La parte più “critica” è relativa ai tempi in cui l’investimento dovrà avvenire. La normativa, infatti, agevola quelli effettuati, in area 5.0, nel 2024 e 2025. È stato precisato che rientrano gli investimenti effettuati a partire dal 1° gennaio 2024. Il problema principale da chiarire nei prossimi decreti è se, per usufruire dell’incentivo, a fine 2025 il bene debba già essere in funzione e interconnesso.



Se così fosse, visto che i beni strumentali hanno tempi di attraversamento di fabbrica abbastanza lunghi, anche se le risorse disponibili fossero corrette per coprire tutte le “presentazioni”, gli ordini effettuati negli ultimi mesi del 2025 non potrebbero essere facilmente evasi con ciò sacrificando molte aziende interessate a investimenti necessari al loro sviluppo tecnologico in senso digitale.

Sono tutte considerazioni che, siamo certi, il Ministero verrà sollecitato a considerare e, nei limiti di quanto imposto dal Pnrr, risolvere.

Si tratta di un provvedimento importante e sicuramente atto a “spingere”, a pieno titolo, le nostre aziende verso una trasformazione industriale che rispetti ancor più le problematiche ambientali senza dover subire aggravi in campo economico che rischierebbero di sollevare problematiche sociali.

È un modo intelligente anche per rispondere ai dettami della sostenibilità in tutte le sue sfaccettature.

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