Ci sono voluti sette mesi per prendere una decisione. È stata l’amara considerazione di Mario Draghi sulle misure di tetto al prezzo del gas che saranno in discussione oggi e domani al Consiglio europeo. Sul tavolo il pacchetto di nuove proposte avanzate dalla Commissione europea per contrastare il caro energia. Tra queste l’atteso meccanismo di tetto al prezzo del gas di cui nelle bozze circolate emerge una variante dinamica e subordinata a una serie di condizioni. In sostanza, con il cosiddetto price cap dinamico si impone agli Stati membri di adottare sulle proprie piattaforme nazionali di negoziazioni del gas una banda di oscillazione del prezzo della commodity ponendo un limite minimo e massimo di prezzo. Rimane da capire come farlo accettare ai venditori.



I Paesi produttori non ne volevano sentire parlare allora, quando circa un anno fa un tetto a 80 €/MWh venne originariamente proposto dall’Italia, e le quotazioni spot del gas viaggiavano intorno ai 100€/MWh lontano dai picchi dei 350€/MWh toccati ad agosto. Anche se fortunatamente ora il prezzo è crollato del 65%, complice la situazione meteo, la relativa tranquillità degli stoccaggi pieni e i segnali di recessione, e anche se il tetto dinamico, nella proposta della Commissione, è attivabile solo come una misura temporanea e di ultima istanza per evitare di allontanare i fornitori verso altri sbocchi di mercato, si ha la sensazione che il regolamento sia un po’ una cortina fumogena per distrarre dal problema di fondo. L’Europa deve aumentare la produzione interna: con più rinnovabili, nucleare, e nel frattempo, spremendo i suoi giacimenti di gas e usare quando necessario anche il carbone.



L’altro punto dirimente della nuova proposta è il superamento del prezzo TTF. L’acronimo Title Transfer Facility è il prezzo negoziato alla borsa del gas di Amsterdam e rappresenta il riferimento per il gas naturale scambiato in Europa; ma, come ormai viene ammesso, a denti stretti anche da Bruxelles, è un benchmark che non corrisponde alla realtà del volume di transazioni di molecole di gas sul continente. Dopo la campagna di derussificazione del gas importato via gasdotto, da 155 miliardi di metri ricevuti nel 2021 a 115 miliardi di metri cubi, il gas naturale liquefatto costituisce la parte più importante delle importazioni. In questo nuovo contesto sorge l’esigenza di individuare un indice complementare più rappresentativo del TTF da adottare entro il 2023. La Commissione rimane però vaga sul meccanismo di applicazione della limitazione, comunque facoltativa; nel regolamento si abbozza solo l’ipotesi che qualora si verificassero determinate condizioni, non meglio specificate, si potrebbe attivare anche sul mercato del TTF una misura di contenimento del prezzo.



Nel frattempo, si esorta a limitare la domanda e rafforzare gli acquisti congiunti. Ci sono buone notizie sul fronte del risparmio: il calo dei consumi in Europa è del 15% più basso negli ultimi due mesi rispetto alla media degli ultimi 5 anni precedenti. Mentre con degli acquisti raggruppati si intende creare una sorta di monopsonio per sfruttare il potere contrattuale di un unico acquirente di fronte a diversi venditori. Peccato, però, che nel caso di gas liquido, non vincolato da un tubo, il combustibile va dove lo porta il prezzo. E, in caso di un inverno rigido o ulteriori riduzioni delle forniture russe, l’acquirente unico europeo per evitare forti strozzature degli approvvigionamenti, dovrebbe razziare sui mercati internazionali GNL sottraendolo a caro prezzo all’Asia. Facendo impennare i prezzi della materia prima e trascinando ulteriormente l’inflazione. Uno scenario temibile.

Piuttosto, sorprende che l’Europa non abbia predisposto neppure un piano comune per il razionamento dei picchi della domanda durante i prossimi mesi. Come se ignorare un problema significasse risolverlo.

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