Nel corso del 1943 negli Stati Uniti vennero vendute 139 vetture. Sotto la pressione dello sforzo bellico, Washington razionò gran parte dei beni di consumo, comprese le scarpe e il caffè. I vincoli imposti all’attività dei ristoranti e degli stadi, scrive l’Economist, “fanno impallidire i divieti dell’età della pandemia”. Due anni dopo arrivò la pace e gli americani ruppero il salvadanaio rifacendosi del risparmio forzato degli anni di guerra. Tempo cinque anni, la produzione americana di auto toccò gli 8 milioni di vetture. La storia si ripeterà? 



Merita chiederselo nei giorni in cui il Presidente Joe Biden mette a segno la prima grande riforma del suo mandato, cioè l’approvazione del pacchetto di stimoli all’economia da 1.900 miliardi di dollari. Un fiume di denaro, più dell’intero Pil italiano del 2020, che servirà, secondo le intenzioni dei suoi architetti, Janet Yellen in testa, a cancellare gli effetti della pandemia. Ma quali settori di Piazza Affari beneficeranno di più di questi piano Marshall bis?



In realtà, il paragone con il periodo bellico è davvero forzato. La pandemia, causa di dolori e incertezza, non ha reso gli americani più poveri, grazie ai robusti interventi decisi da Trump, compresi gli ultimi sgravi fiscali ai più ricchi entrati in vigore a gennaio. Ora prende corpo il piano che prevede, a partire da questo weekend, l’invio di un assegno di 1.400 dollari a ciascun americano che guadagna meno di 75.0000 dollari in un anno, prolunga almeno fino a settembre l’indennità di disoccupazione pari a 300 dollari alla settimana oltre a una serie di interventi di carattere sociale, dalla vaccinazione alla riapertura delle scuole.



Inoltre, secondo i calcoli dell’Ocse, il risparmio forzato delle famiglie è cresciuto nel 2020 di circa 3.000 miliardi di dollari, perché le spese sono scese più rapidamente del calo delle entrate. Il forte aumento della disoccupazione (sui 22 milioni di americani che hanno perso il lavoro solo 13 hanno trovato un’occupazione) ha assorbito solo una parte degli sforzi dei governi per attutire gli effetti della crisi: il 5% circa del Pil, contro il 10% di maggior ricchezza frutto di risparmi più o meno forzati e di incentivi. Insomma, in giro circolano più quattrini che un paio d’anni fa. Dietro il disagio evidente delle categorie meno protette c’è l’esplosione del trading in Borsa, dove finirà almeno un terzo dei bonus approvati da Washington. E pare che le donne, da sempre più attente alla gestione del risparmio, abbiano scoperto il Bitcoin. 

Certo, una parte degli aiuti Usa finirà in consumi. A vantaggio di Europa e l’Asia dove gli stimoli si tradurranno in mezzo punto percentuale di Pil in più. Per non parlare della Cina che ha fatto viaggiare le industrie a pieno regime anche nel 2020 e che oggi si ritrova i magazzini pieni di merce. Ma la sensazione è che il piano Biden sia più destinato a disegnare nuovi equilibri nella società americana che non a rimettere in moto il motore dell’economia. I fondi destinati alla lotta contro la disoccupazione (246 miliardi di dollari) sono del resto assai meno dei 410 miliardi che finanzieranno gli assegni una tantum. Le spese mediche (123 miliardi di dollari) valgono il 6,5% del totale del pacchetto, meno di quanto destinato agli interventi a favore delle famiglie povere (105 miliardi) , ai contributi per l’infanzia (143 miliardi) e alla riapertura delle scuole (176 miliardi). E lo stesso vale per i trasferimenti agli Stati che hanno registrato un calo delle tasse ben inferiore a quanto temuto. 

Insomma, come ha dichiarato Nancy Pelosi, speaker della Camera dei rappresentanti, “dai vaccini inoculati nel braccio di tutti al denaro nelle tasche di tutti, dai bambini a scuola in tutta sicurezza così come i lavoratori. Per tutti è una legge davvero storica”. E l’effetto, combinato con i provvedimenti per l’ecologia e il cambiamento climatico (2.000 miliardi in quattro anni) si farà sentire anche nel resto del pianeta. Una politica ambiziosa, condotta da Biden in solitudine, senza accordi con la destra. 

Un errore? Pesa il ricordo di quanto avvenuto con Obama che scelse la via della moderazione per trovare un’intesa con i repubblicani. Il risultato? Il parziale fallimento della riforma sanitaria e la sconfitta nelle elezioni mid-term che pregiudicò il secondo mandato. 

Stavolta si andrà fino in fondo. A meno che l’inflazione, come un boomerang, non torni indietro a colpire, specie le economie più fragili dal punto di vista della bilancia dei pagamenti e del debito estero. 

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