L’Italia non ha autorizzato centri cinesi per il disbrigo di pratiche in Italia. Lo ha assicurato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi durante il question time alla Camera. Rispondendo ad un’interrogazione sull’apertura di centri della polizia cinese sul territorio italiano, presentata da Riccardo Magi di Misto-Più Europa, il titolare del Viminale ha spiegato che al Dipartimento di Pubblica sicurezza «non risulta alcuna autorizzazione in ordine all’attività» appunto di centri cinesi. Inoltre, ha annunciato di aver «mandato di esperire ogni ulteriore indagine amministrative» e assicurato che le forze di polizia, «in costante raccordo con il comparto intelligence», stanno portando avanti «un monitoraggio di massima attenzione sulla questione».



Il ministro Matteo Piantedosi ha anche garantito che seguirà personalmente gli sviluppi della stessa, «non escludendo provvedimenti sanzionatori in caso di illegalità». La vicenda riguarda un’indagine della ong spagnola Safeguard Defenders, secondo cui quegli uffici aperti per assistere i cinesi all’estero con le pratiche burocratiche, come il rinnovo del passaporto o della patente, in realtà sono “stazioni di polizia” informali di Pechino all’estero per sorvegliare i connazionali.



PIANTEDOSI “CENTRI CINESI? ACCERTAMENTI IN CORSO”

«La vicenda segnalata non ha alcuna attinenza con gli accordi di cooperazione internazionale di polizia tra Italia e Cina e con l’esecuzione di pattugliamenti congiunti tra personale delle rispettive polizie», ha precisato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ricordando che il memorandum d’intesa, firmato nel 2015, ha consentito lo svolgimento dal 2016 al 2019 delle attività di pattugliamento in Italia e dal 2017 al 2019 in Cina, per essere poi essere sospese nel 2020 a causa della pandemia. Sono tuttora inattive. Il titolare del Viminale ha precisato che «la Polizia di Stato ha immediatamente avviato accertamenti dai quali è emerso che dallo scorso mese di marzo l’associazione culturale della comunità cinese di Fujian in Italia aveva aperto una sorta di sportello per il disbrigo di pratiche amministrative rivolto ai connazionali». Il presidente del consiglio direttivo di tale entità è stato sentito presso gli uffici della locale Questura, dichiarando «che l’associazione avrebbe anche fornito un servizio finalizzato ad aiutare i cittadini cinesi nel rinnovo di patenti cinesi e in materia di successioni». Ma ad oggi, spiega Piantedosi, «l’associazione di fatto non risulta più fornire i suddetti servizi».



MAGI CHIEDE DI RENDERE PUBBLICI ACCORDI

Matteo Piantedosi alla Camera ha aggiunto anche che «il 16 novembre scorso ha avuto luogo presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza c’è stato un incontro con l’ufficiale di collegamento dell’ambasciata a Roma, che ha confermato quanto dichiarato dal presidente del consiglio direttivo dell’associazione». Invece degli elementi acquisiti dalla Digos è stata informata l’Autorità giudiziaria per ogni ulteriore eventuale valutazione. «Sono tutt’ora in corso approfondimenti, ma non risultano centri servizi analoghi a quelli di Prato. Solo a Milano è stata riscontrata la presenza di un’associazione che svolge attività di disbrigo pratiche amministrative per i cittadini cinesi su cui sono in corso approfondimenti», ha concluso il ministro dell’Interno. Nella replica, Riccardo Magi ha definito «necessario rendere pubblici tutti quanti gli accordi che sono stati stipulati con la Repubblica popolare cinese» per verificare «i contorni e tenere molto alta la guardia». Anche perché l’Italia è «particolarmente vulnerabile rispetto a certi tipi di influenza», ha aggiunto il deputato di Più Europa riferendosi al memorandum firmato dal governo Conte I nel marzo 2019 sulla Via della Seta con la Cina.