SENTENZA CASSAZIONE SU ASSO 28, LA “RISPOSTA” DEL MINISTRO PIANTEDOSI

In risposta, indiretta, all’ultima sentenza della Cassazione sul caso Asso 28, parla da Milano il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ‘gelando’ le posizioni e gli attacchi delle opposizioni ancora una volta sul tema migranti: nasce tutto dalla sentenza avvenuta lo scorso 17 febbraio della Corte di Cassazione che ha reso definitiva la condanna del comandante del rimorchiatore Asso 28, dopo che il 30 luglio del 2018 soccorse 101 migranti nel Mediterraneo centrale e li riportò in Libia consegnandoli alla Guardia costiera di Tripoli. Per i supremi giudici, il fatto di aver “favorito le intercettazioni dei guardiacoste di Tripoli” rientra nella fattispecie illecita di «abbandono in stato di pericolo di persone minori o incapaci e di sbarco e abbandono arbitrario di persone».



In sostanza, la decisione della Consulta sancisce che il caso Asso 28 nel 2018 fu un pieno respingimento collettivo verso un Paese non ritenuto sicuro vietato dalla Convenzione europea per i diritti umani. Tornando al presente, intervenuto oggi a margine della sottoscrizione di un accordo tra la Regione Lombardia, l’Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e l’Anci Lombardia, il Ministro Piantedosi risponde alla Cassazione e giudica la sentenza «da contestualizzare». «L’Italia non ha mai coordinato e mai consegnato in Libia migranti raccolti in operazioni di soccorso coordinate o direttamente effettuate dall’Italia» ha detto ai giornalisti il Ministro dell’Interno, sottolineando dunque come la sentenza della Cassazione «va letta bene, non con una lettura di tipo politico o ideologico».



MIGRANTI E LIBIA, PIANTEDOSI ‘GELA’ SINISTRA E CASARINI

Le parole di Piantedosi suggeriscono un riferimento piuttosto diretto alle dichiarazioni di questi giorni fatte da Pd e altri partiti del Centrosinistra, comprese le posizioni rilanciate da alcune Ong che operano nel Mediterraneo per il salvataggio dei migranti: «Con la sentenza della Corte di Cassazione, che ha chiarito in maniera definitiva che la cosiddetta “guardia costiera libica” non può “coordinare” nessun soccorso, perché non è in grado di garantire il rispetto dei diritti umani dei naufraghi, diventa un reato grave anche ordinarci di farlo, come succede adesso. Ora metteremo a punto non solo i ricorsi contro il decreto Piantedosi, che blocca per questo le navi del soccorso civile, ma anche una grande class action contro il governo e il ministro dell’Interno e il memorandum Italia-Libia», così in una nota affermava negli scorsi giorni Luca Casarini della ong Mediterranea Saving Humans, chiedendo una “class action” contro i responsabili del Governo sul tema immigrazione.



Piantedosi invece a Milano ha colto l’occasione per rispondere in merito alle tante accuse ricevute dallo Stato italiano sulle politiche migratorie: «la sentenza va collocata temporalmente in un momento preciso in cui la Libia aveva determinate condizioni e le collaborazioni con l’Ue erano finalizzate a portare la Libia a superare le situazione di quel momento». Usare, come sta facendo la sinistra, la Cassazione come “grimaldello” contro il Governo non tiene conto di quanto gli stessi giudici scrivono nella sentenza, ovvero «i principi a cui il governo si è sempre attenuto nel regolamentare l’attività di rimpatrio». Come ha spiegato ancora Piantedosi, chiunque nel Mediterraneo interviene nel salvataggio dei migranti «deve coordinarsi con le autorità competenti in materia, non può esserci spontaneismo. L’importante è che ci sia coordinamento».