Il ministro degli Interni Matteo Piantedosi ha rilasciato un’intervista per il Foglio in occasione della Festa dell’ottimismo promossa dal quotidiano, nel corso della quale ha parlato degli effetti della crisi in Medio Oriente sull’Italia, del fenomeno migranti, tra il rischio di terrorismo e il controllo sugli arrivi, e del caso Apostolico. Dalla sua lunga intervista emerge una visione generalmente positiva per la situazione italiana, testimoniata anche dai frequenti incontri del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica.



Partendo, immediatamente, dal rischio terrorismo che potrebbe colpire l’Italia, Piantedosi ci tiene, infatti, a sottolineare come, pur dovendo rimanere “molto bilanciati”, attualmente “evidenze concrete non ce ne sono. Ma ce n’è quanto basta per mantenere altissimo il livello dell’attenzione”. Complessivamente, tuttavia, è certo che “ci aspettano mesi un po’ difficili e complicati” ma, almeno per ora, non dal punto di vista del terrorismo. A tal proposito, inoltre, Piantedosi ci tiene anche a specificare come “il sistema di intelligence e prevenzione delle forze di polizia nazionali” sia “molto affidabile”, al punto che “abbiamo quasi sempre intercettato questi fenomeni”, riconoscendo tuttavia che il problema è soprattutto che “questa minaccia si presenta in maniera impalpabile, indefinita“.



“Più dei migranti jihadisti temiamo la radicalizzazione”

Rimanendo sempre a tema terrorismo, il ministro Piantedosi ci tiene a smentire l’idea che ci possa essere una correlazione tra gli sbarchi di migranti e l’arrivo di jihadisti. “È un tema molto complesso e delicato, ma se io dovessi dire che esista un’evidenza in tal senso, questo no”, spiega, riconoscendo anche che “avere una difficoltà di controllo delle frontiere, secondo tradizione consolidata, è sicuramente un fattore di debolezza”.

Nonostante le passate difficoltà, però, Piantedosi ribadisce come l’attuale governo sia “organizzato molto bene” in tal senso, bloccando nei mesi scorsi “qualche personaggio già noto che manifestava elementi di preoccupazione” e al contempo collabora “con le agenzie europee” per individuare gli eventuali elementi di rischio. La preoccupazione più grande, infatti, non è tanto che arrivino jihadisti tra i migranti, quanto che gli elementi pericolosi, una volta arrivati in Europa intraprendano percorsi di radicalizzazione, come nel caso di Anis Amri citato dal ministro Piantedosi. In tal senso, dunque, il ministro smentisce anche le accuse di “parte del mondo politico” secondo cui “il nostro rigore sul controllo delle frontiere sia fondato solo sull’ideologia” dato che vi è anche “un’attenzione a tematiche di sicurezza in generale”.



Piantedosi: “Sul caso Apostolico non c’è alcun dossieraggio”

Passando, infine, alle ultime tematiche della sua intervista, il ministro Piantedosi passa ai migranti, sottolineando che l’attuale crisi del Medio Oriente potrebbe portare ad un aumento dei flussi migratori. Differenti, però, sono i flussi africani e quelli palestinesi, perché nel secondo caso vi è una conclamata guerra in atto, ragione per cui diventa ancora più importante “la nostra capacità di intercettare all’arrivo, e quindi di avviare a percorsi dedicati le persone che possano dare una qualche indicazione di meritare un’attenzione maggiore”.

Chiudendo, infine, sul caso Apostolico, il ministro Piantedosi smente fermamente l’idea, lanciata nuovamente dall’opposizione, che vi sia un qualche rischio dossieraggio. Il video, infatti, “non è un documento prodotto e acquisito ufficialmente”, sottolineando come sia falso che “la polizia quando gestisce questi servizi di ordine pubblico si predispone al dossieraggio o al monitoraggio”. Nella realtà dei fatti, conclude Piantedosi, “si tratta di attività che viene fatta secondo specifiche prescrizioni normative per specifici obblighi di legge”.