La sindaca di Torino, Chiara Appendino, è stata condannata a un anno e mezzo nel processo, celebrato mediante il rito abbreviato per i fatti di Piazza San Carlo del giugno 2017 quando, durante la visione della finale di Champions tra Real Madrid e Juventus, una gang scatenò un’ondata di panico che causò la morte di due donne (di cui una rimasta tetraplegica e spirata poi nel 2019) e il ferimento di oltre 1600 persone. Omicidio, lesione e disastro colposi: erano questi i capi di imputazione per la prima cittadina del capoluogo piemontese e per altre quattro persone imputate, nonostante la richiesta di annullamento del processo presentata dai suoi avvocati difensori poi respinta.
“Provo dolore e amarezza, pago per il gesto folle di altri” le prime parole della Appendino sui social dopo che è stata comunicata la sentenza di primo grado e vergato prima ancora di uscire dall’aula del tribunale: “Il dolore per quanto accaduto quella notte è ancora vivo e lo porterò sempre con me” ha aggiunto, non nascondendo il fatto che la carica istituzionale che ricopre comporti comunque delle responsabilità ma invitando a una riflessione in merito al ruolo dei sindaci e degli amministratori pubblici.
TRAGEDIA IN PIAZZA SAN CARLO A TORINO: APPENDINO CONDANNATA ASSIEME A 4 PERSONE
Come è noto, nel processo oltre alla sindaca Appendino (che ha già annunciato che cercherà di far valere le sue ragioni nei prossimi gradi di giudizio) erano imputate anche altre quattro persone, ovvero Paolo Giordana, il suo ex capo di gabinetto, Angelo Sanna, questore all’epoca dei fatti, Maurizio Montagnese (ex presidente di Turismo Torino che si era occupato della creazione dell’evento) ed Enrico Bertoletti, uno dei professionisti che invece si era occupato della parte progettuale.
Medesime accuse anche per loro anche se poi nel caso della sindaca, a fronte della richiesta fatta dal pm Vincenzo Pacileo dell’accusa (un anno e otto mesi), la condanna è stata di un anno e sei mesi (“ha avuto non solo un ruolo politico ma anche gestionale” secondo lo stesso pm) mentre per le altre quattro persone le richieste andavano dall’anno e otto mesi fino ad arrivare ai tre anni e sei mesi per Bertoletti. Non accolta dunque invece la tesi difensiva secondo cui la tragedia avvenuta in piazza quella sera era impossibile da evitare a causa del panico collettivo scatenatosi da una gang specializzata nelle rapine e che faceva uso di spray urticanti.