Armando Piccinni, professore di Psichiatria presso la Saint Camillus International University of Health and Medical Science, ha commentato in una intervista al Messaggero la vicenda di Giulia Lavatura, la donna che si è lanciata dal balcone a Ravenna con la figlia di 6 anni e il loro cane. “In Italia la psichiatria sta vivendo un momento di enorme difficoltà e molto spesso le famiglie vengono lasciate sole ad affrontare situazioni molto complicate”, ha premesso.
La donna aveva problemi psichiatrici noti, ma i medici che l’hanno avuta in cura non sono riusciti a evitare il peggio. “Il depresso puro è una persona priva di volontà, di energie, soffre così tanto che pensa che l’unico rimedio sia la morte. I soggetti che effettivamente prendono questa decisione però presentano molte volte una condizione di depressione mista ad agitazione, oppure hanno un disturbo dell’ossessività, o dello spettro del panico. La signora, prima di compiere il gesto estremo, ha scritto in un post sui social insulti e offese nei confronti di parenti e colleghi. Potrebbe quindi trattarsi di un disturbo dell’umore”, ha spiegato l’esperto.
Piccinni: “Troppi malati psichiatrici lasciati soli”. Il caso di Ravenna
La scelta di Giulia Lavatura di portare giù con sé la figlia di 6 anni e il loro cane è un aspetto peculiare del drammatico caso. “Un questo caso si parla di suicidio allargato, la madre probabilmente aveva la convinzione di evitare alla figlia il dolore, oppure non sopportava l’idea che, in sua assenza, la figlia potesse venire allevata da un’altra donna, o da questi parenti che lei detestava. Voleva evitare che la piccola subisse le stesse angherie alle quali pensava di essere stata sottoposta”, ha analizzato ancora Armando Piccinni.
Un’inchiesta stabilirà se e quali errori sono stati commessi nella cura della donna, ma quel che è certo è che la morte della bambina lancia l’allarme sul fenomeno. “Il problema è molto più ampio e non è solo legato alle madri affette da depressione. Non ci sono strutture intermedie tra ricovero e ritorno in famiglia, lo Stato dovrebbe fare di più”.