Esistono storie universali, che attraversano il tempo e il passaggio delle generazioni senza perdere smalto, riuscendo sempre a raggiungere il cuore della gente e a rispecchiare le emozioni e i problemi di coloro a cui vengono raccontate. “Piccole donne” di Louisa May Alcott è tra queste: un romanzo di formazione al femminile che è stato adattato più volte al cinema e in tv, tanto che, di fronte alla notizia di una nuova versione firmata da Greta Gerwig, ci si è chiesto cosa avremmo trovato di nuovo. E la regista non delude, proponendo un film moderno e un cast indovinato.



Conosciamo tutti la storia delle quattro sorelle March, Meg, Jo, Beth e Amy, diversissime tra loro ma legate da solido affetto, ciascuna con un percorso da seguire, ostacoli da superare e un traguardo da raggiungere. Sullo sfondo, la guerra civile americana, che ha richiamato al fronte il signor March e ha costretto la moglie e le figlie a cavarsela da sole, nella loro casa modesta in una cittadina del Massachusetts. E le cinque coraggiose donne dimostrano di avere grandi risorse, un carattere combattivo e un cuore generoso. Se ne accorgono i vicini di casa, Laurie (interpretato nel film da Timothée Chalamet, appena visto in Un giorno di pioggia a New York) e suo nonno, che guardano con ammirazione le ragazze March e le aiutano con discrezione e affetto, integrandosi pian piano nella famiglia.



E mentre gli anni passano e le piccole donne crescono, sbocciano amori e si consolidano progetti, come quello di Jo, che vuole diventare una scrittrice e si trova a combattere contro un mondo di uomini, in cui la donna non è niente senza un marito accanto. A dare il volto all’eroina più tormentata della storia è Saoirse Ronan, intensa e sempre credibile, che apre il film non nel momento in cui inizia il romanzo ma anni dopo, quando Jo scrive il suo romanzo.

La scelta di Greta Gerwig, infatti, è stata quella di usare i flashback per scombinare la linea temporale e alternare il “presente” del film, in cui Jo si trova a New York, lavora come insegnante privata e si impegna nella scrittura, e il passato, quando le quattro sorelle affrontavano insieme le sfide di ogni giorno. E questo è il primo cambiamento rispetto agli adattamenti precedenti, un cambiamento azzeccato, perché permette di illuminare i temi di fondo della storia e di legare momenti diversi, come accade nella mente di chi ricorda.



Ma non è solo la tecnica narrativa a rendere diverso il nuovo Piccole donne. La Gerwig si mette in gioco con coraggio e, senza allontanarsi mai dagli eventi del romanzo, dà spazio alla domanda su come una ragazza possa realizzare se stessa al di fuori del matrimonio, quando la società impone a tutte un’unica strada. Il monologo di Amy (magnificamente interpretata da Florence Pugh) sul matrimonio resta uno dei momenti più significativi del film, che sottolinea le difficoltà di affermare il proprio talento e di distinguere tra amore e bisogno, temi “caldi” per le donne di ogni tempo.

Se la scelta del cast e il taglio narrativo sono vincenti, può destare qualche perplessità la decisione di comprimere alcuni momenti drammatici del libro in sequenze brevi e non memorabili, così come di non dare maggior forza ai personaggi maschili. E forse ci si aspettava di vedere più scene tratte da parti del romanzo non sfruttate dalle versioni cinematografiche precedenti, anche se uno sforzo in questo senso è stato fatto. Ma la parte conclusiva del film, dove la Gerwig si allontana dal solito finale e mette la sua firma, ci ricorda che siamo davanti a un’interpretazione personale e sentita, in grado di avvicinarci ancora di più a una storia amata e profondamente vera.