Chi era Pierangelo Bertoli, il cantastorie contro i soprusi e le malefatte della società

Pierangelo Bertoli è stato ed è tuttora considerato uno dei cantautori italiani più iconici e poeticamente ribelli della musica italiana. Sì, perché l’artista di Sassuolo era uno che affrontava la vita a muso duro, nonostante la malattia che lo aveva costretto in sedia rotelle fin dai primi anni di vita. Un disagio che Pierangelo Bertoli ha trasformato in un’opportunità per porre attenzione su tematiche a lui molto care, come il rispetto dei diritti delle persone, la libertà, l’avversione nei confronti del baraccone della politica e dello show business.



Ma Pierangelo Bertoli non aveva nemici, anche se a detta del figlio Alberto, il suo percorso nel cantautorato è stato ostacolo non poco dal mondo della tv, che evidentemente non lo apprezzava particolarmente. “Dicevano che la sedia a rotelle intristiva il pubblico, per questo è stato ostracizzato in tv”, la grave accusa in una intervista riportata al Fatto Quotidiano.



Pierangelo Bertoli ignorato dalla ‘grande industria’ della musica per colpa della malattia?

Oggi il ricordo di Pierangelo Bertoli è alimentato con la stessa passione dal figlio Alberto, che dà linfa a brani che comunque sarebbero immortali per la loro poesia e il loro messaggio. Da A Muso duro ad Eppure Soffia, il cantastorie di Sassuolo ha regalato brani straordinari agli amanti della musica, mixando stili più popolari e rock.

Con lui la musica è diventata uno strumento di denuncia sociale, una rabbia artistica che pone attenzioni su temi che non andrebbero mai dimenticati. Pierangelo Bertoli è stato paragonato a diversi compositori importanti del passato, come l’anarchico Pietro Gori; morì nel 2002 dopo l’aggravarsi di una nuova malattia con cui era costretto a fare i conti: un micidiale tumore ai polmoni.