Piercamillo Davigo è indagato a Brescia per rivelazione di segreto d’ufficio sui verbali di Pietro Amara sulla “loggia Ungheria“. A riportarlo è Il Corriere della Sera, secondo cui ad essere interrogati a Roma quasi un mese fa, in gran segreto all’interno di una caserma dei carabinieri, sono stati in qualità di persone informate sui fatti “il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, David Ermini, almeno sette componenti del Csm (i consiglieri laici Fulvio Gigliotti e Stefano Cavanna, i togati Giuseppe Cascini, Giuseppe Marra, Ilaria Pepe, Nino Di Matteo, Sebastiano Ardita), e il presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Nicola Morra“. Ne deriva che l’inchiesta della Procura di Brescia, che ipotizza la rivelazione di segreto d’ufficio sui verbali milanesi di Piero Amara nell’aprile 2020, stia indagando non solo il pm milanese Paolo Storari, ma anche Piercamillo Davigo, consigliere Csm fino al pensionamento nell’ottobre 2020.



PIERCAMILLO DAVIGO INDAGATO: “RIVELAZIONE SEGRETO D’UFFICIO”

L’ex pm di Mani pulite e giudice di Cassazione – ricostruisce Il Corriere della Sera – fu destinatario nell’aprile del 2020, per mano dello stesso Storari, dei verbali segreti che il plurindagato Amara, da dicembre 2019 a gennaio 2020, aveva reso a proposito di una presunta associazione segreta, ribattezzata “loggia Ungheria“. Nella documentazione, che Davigo avrebbe ricevuto in formato word non firmato, l’asserita organizzazione emergeva come in grado di condizionare la magistratura e l’alta burocrazia dello Stato. Si trattava dunque, secondo Storari, di dichiarazioni controverse, meritevoli di un rapido chiarimento, e non dell’immobilismo che i vertici della Procura meneghina avevano fino a quel momento riservato al dossier. Lo stesso Davigo, ospite lo scorso 11 maggio in tv a Dimartedì, ammetteva di aver ricevuto da Storari segnalazione di “una situazione critica” e che il pm gli aveva “dato il materiale nedavicessario per farmi un’opinione, dopo essersi accertato che fosse lecito. Io spiegai che il segreto investigativo, per espressa circolare del Csm, non è opponibile al Csm“. Rispetto allo stallo nella Procura di Milano, secondo Davigo il problema era che “quando uno ha dichiarazioni che riguardano persone in posti istituzionali importanti, se sono vere è grave, ma se sono false è gravissimo: quindi, in un caso e nell’altro, quelle cose richiedevano indagini tempestive. Mi sembrava incomprensibile la mancata iscrizione“.



PIERCAMILLO DAVIGO INDAGATO: “RIVELAZIONE SEGRETO D’UFFICIO” SU VERBALI AMARA

Piercamillo Davigo, ritenuta la “necessità di informare in maniera diretta e sicura i componenti del Comitato di presidenza Csm (perché questo dicono le circolari)“, ne aveva parlato, con modi e tempi diversi almeno, scrive Il Corriere della Sera, al “vicepresidente Csm Ermini; agli altri due membri del Comitato, il procuratore generale e il presidente della Cassazione, Giovanni Salvi e Pietro Curzio; nonché (per spiegare i propri raffreddati rapporti con il consigliere Ardita evocato da Amara) ad alcuni consiglieri Csm e all’onorevole Morra, presidente dell’Antimafia“. Dal poco che filtra rispetto agli interrogatori romani, sarebbero confermate le versioni “non coincidenti” già affiorate in passato tra Ermini e Davigo, e tra Morra e Davigo. Allo stato attuale non risulta peraltro siano stati sentiti i consiglieri Csm Curzio e Salvi; quest’ultimo, tre mesi fa, in un comunicato affermò di aver appreso dallo stesso Davigo di “contrasti in Procura a Milano circa un fascicolo molto delicato che a suo avviso rimaneva fermo“, e di aver “immediatamente” informato il procuratore Greco per dare il via ad un coordinamento. Salvi, pg della Cassazione e dunque titolare dell’azione disciplinare, l’ha avviata all’inizio del mese di giugno nei confronti del pm Storari proprio per la consegna dei verbali a Davigo. Questi verbali, in tutt’altro contesto, vennero ricevuti in forma anonima tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021 da due giornali romani, che avvisarono i pm di Milano e Roma, e dal consigliere Csm Nino Di Matteo, che denunciò l’accaduto al procuratore di Perugia Cantone. Secondo i pm romani, a spedire la documentazione sarebbe stata Marcella Contraffatto, segretaria Csm di Piercamillo Davigo, indagata per l’ipotesi di calunnia nei confronti del procuratore Francesco Greco, additato come insabbiatore nel messaggio anonimo a Di Matteo.

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