Pierfrancesco Favino: “La morte di mio padre mi ha cambiato”

Pierfrancesco Favino è abituato a portare sul set tante sfaccettature di sé per dare il volto e la voce ad una miriade di personaggi che stanno contribuendo a fare la storia del cinema italiano. Cosa si nasconde, però, dietro il viso di uno degli attori più amati e conosciuti non solamente in Italia, ma al mondo? A raccontarsi a cuore aperto, sulle pagine del Corriere della Sera, è stato proprio lui. “Non ho mai veramente elaborato ciò che la morte di mio padre ha generato in me. Fu un evento molto forte, stavo lavorando a El Alamein, nel deserto”, rivela.



L’attore racconta così quella morte che gli ha cambiato la vita e il modo di vedere il mondo: “Avevo 33 anni. Quasi 33 anni, non ancora 33. Da giovane uomo mi trovai all’improvviso uomo a tutti gli effetti. Ma non mi sono reso conto subito, né poi l’ho ammesso facilmente, che alcune scelte successive potessero derivare da quello. Il piglio, il senso di urgenza con cui ho agito dopo, vengono da lì. Ora se tornassi indietro non farei così“.



Pierfrancesco Favino: “Con le mie figlie ho un rapporto emotivamente diretto”

Da figlio, a padre. Pierfrancesco Favino ha due figlie, Greta e Lea, che lo chiamano “Papà, in genere. “Papo”, quando serve qualcosa. Per studiare, fare una passeggiata, un giro in bici…”. Il rapporto con loro è molto stretto e bello, seppur diverso: “Con la grande, Greta, 16 anni, vediamo film. L’altro giorno Memento di Nolan; si fa domande esistenziali e quel tipo di cinema la intriga. Con lei mi piace parlare, anzi, ascoltare, e leggerla, scrive molto bene. Con Lea, più piccola, ci divertiamo a fare imitazioni, giochi, scherzi telefonici in cui ci fingiamo un’altra persona: in lei rivedo cose della mia infanzia, l’inventarsi la realtà”.

La scelta di frequentare l’Accademia dopo il liceo arrivò in contrapposizione con il padre, racconta Favino: “Quella contrapposizione lo portò a una solitudine emotiva, una scelta difficile, coraggiosa. Per fortuna abbiamo fatto in tempo a ricucire, mettendo al bando i silenzi. Io non ho un figlio maschio, non c’è quella specularità di genere che può produrre conflitto, stimolare orgoglio e indipendenza; con le mie figlie ho un rapporto emotivamente più diretto. Questa estate Greta è andata negli Usa per una vacanza studio: una cosa bella, ma è stato doloroso vederla sulla banchina, da dietro, partire. Il distacco fa male, ma educa all’indipendenza”.

Pierfrancesco Favino e Anna Ferzetti: come è nato l’amore

Anna Ferzetti, compagna di Pierfrancesco Favino da una vita, l’ha conosciuta “Ballando, a una festa romana di amici comuni, uno stava lasciando casa. Era il 2004. Il 2 febbraio, 2 febbraio 2004”. La musica era “Una specie di salsa” e la prima mossa l’ha fatta lei, “Anche se prima io le ho pestato un piede per sbaglio. Ero di spalle mi sono girato e ho detto “scusa”, lei pure “scusa”, e abbiamo preso a ballare. Per noi ballare è un canale di dialogo”.

Infine, anche un breve accenno alla politica vista da un altro punto di vista: quella delle voci. L’attore ha affermato: “Parliamo di emissione vocale. Meloni, dal punto di vista tecnico, sembra dire davvero ciò che pensa. Qualcosa nel tono ci dice che è connessa con il corpo. In altri, invece, si avverte un filtro. Letta dà l’impressione di una mediazione tra il pensiero e la dichiarazione; Conte ha una conformazione vocale bloccata alla laringe, il centro del respiro, e su alcuni toni può essere respingente, in altri casi, invece, persino suadente”.