Pierluigi Diaco chiude i profili social. Il conduttore di “Io e te” annuncia la sua “rivoluzione” dopo i numerosi attacchi ricevuti in questi giorni. Il giornalista quindi lascia Facebook e Instagram, mentre resta attivo il suo account Twitter, ma solo per rispondere a chi lo chiamerà in causa attaccandolo. Lo ha annunciato in un lungo post pubblicato appunto su Twitter, premettendo di averci pensato molto. «La mia avversione culturale alla dittatura social ha raggiunto il punto di non ritorno. Sono convinto che prima o poi l’essere umano si renderà conto di essersi trasformato in un profilo, in un account, in un surrogato». E quindi ha pensato di dare un esempio e di sottrarsi a tutto ciò «per ricominciare, insieme a chi vorrà, a guardare negli occhi le persone senza le assillanti ingerenze di notifiche, suoni e alert». Quindi, tra tre giorni non avrà più alcun account su Facebook e Instagram, dove ogni sua traccia verrà cancellata. «Vi aspetto per la strada, dove è possibile parlare e ascoltare. Manterrò attivo solo l’account Twitter per usarlo qualora ce ne fosse bisogno».
LA “RIVOLUZIONE” DI PIERLUIGI DIACO: ADDIO AI SOCIAL
Pierluigi Diaco ha poi commentato la decisione ai microfoni dell’AdnKronos, che lo ha interpellato. «Negli ultimi anni i media cosiddetti tradizionali, radio, tv e giornali si sono fatti dettare l’agenda di temi e argomenti da quella che io chiamo la dittatura social», ha dichiarato il conduttore di “Io e te”. Diaco si chiede come sia possibile che risulti più autorevole un account anonimo rispetto ad un giornalista, uno scrittore, un opinion leader che prima di esprimere la sua opinione si prende del tempo per ragionare in silenzio e studiare. «Ho la sensazione che se questa sudditanza psicologica che i media tradizionali hanno nei confronti della dittatura social non finirà in tempi brevi», ha quindi proseguito Diaco. Il giornalista ritiene che la cultura digitale, «che ha di per sé un carattere a tratti disumano, si mangerà la cultura delle emozioni e quindi l’uomo, come diceva Maritain, nella sua centralità». Si tratta peraltro di un’avversione che aveva espresso tre anni fa in un articolo del Corriere della Sera.
— pierluigi diaco (@pierluigidiaco) July 9, 2020