Si parla di resilienza, di turismo ai nastri della ripartenza, di previsioni positive, fingendo di non sapere che tutto è diventato molto, ma molto difficile, e che in tanti hanno tentato di riaccendere il motore spento, ma non ci sono riusciti.
Questa è la storia bella e lunga e alla fine triste di un’avventura d’impresa d’altri tempi, nata dal coraggio e dall’intraprendenza di un giovane laureato in Economia, con la passione per il jazz e il cinema fantasy. Una storia che adesso sta finendo tra advisor, avvocati, banche e creditori, in una spirale di difficoltà crescenti ed esasperate negli ultimi due anni dalle restrizioni imposte dalla pandemia.
Il giovane laureato oggi ha 84 anni: è Gérard Brémond, che sta abdicando il suo impero turistico che seppe sviluppare a partire dal 1967, quando insieme al suo amico Jean Vuarnet (all’epoca campione olimpico di sci) inaugurò un resort sciistico in Alta Savoia, ad Avoriaz, basato su sostenibilità e innovazione: veicoli vietati, settori interi dedicati ai bambini, architetture armoniche con il paesaggio, definite “mimetiche”. E sei anni dopo fu proprio ad Avoriaz che Brémond tagliò il nastro del primo festival internazionale del film fantastico (il suo grande amore), che proseguì a cadenza annuale fino al ’93.
Da quel primo villaggio montano l’impresa proseguì con le aperture di altre strutture in montagna e poi sui litorali del sud della Francia: nel ’75 nacque il gruppo Pierre & Vacances, concentrato sull’immobiliare (con il varo della formula “nouvelle propriété”, una sorta di multiproprietà ante litteram, appartamenti acquistati da privati e dati in affitto a P&V quando non usati dagli stessi proprietari), e dei servizi turistici veri e propri, con l’affitto diretto di case e residenze di vacanza. Le acquisizioni e i nuovi resorts si sono susseguiti nel tempo, soprattutto sui litorali (famoso il villaggio di Cap Esterel, località adiacente a Saint-Raphael, in Costa Azzurra, 1600 appartamenti sul mare), tanto da attirare critiche per la cementificazione massiccia della costa. Nel 1999 la quotazione in Borsa, nel 2003 l’acquisizione delle attività del gruppo Centre Parcs, e nel 2017 l’inaugurazione del Village Nature Paris, nella Vallé d’Europe di Eurodisney.
Il Covid ha poi fermato tutto, aumentando le perdite che erano comunque iniziate già intorno al 2010: il gruppo che capitalizzava 500 milioni nel 2017 è arrivato a scendere a 60 milioni, con debiti per circa un miliardo di euro. La ristrutturazione finanziaria e del debito, se non di un plausibile fallimento, era insomma nell’aria, e quindi la forte cessione delle quote societarie era diventata inevitabile, per garantire la sopravvivenza di una realtà che conta ancora 12 mila addetti e quasi 8 milioni di clienti, con un bouquet di 50 mila appartamenti e case in gestione, per oltre 231 mila posti letto in 300 località in Europa e nel Mediterraneo. “Bisogna sapere voltare pagina – ha confessato Brémond -. L’avventura di Pierre & Vacances è stata esaltante, anche se ci sono stati momenti più difficili di altri”. La scorsa settimana Borsa Italiana dava conto che la società cedeva il 3% a 6,01 euro, mentre l’indice Cac 40 era in calo del 3,3%, e che negli ultimi 12 mesi la quotazione aveva perso oltre il 50% del suo valore.
Pierre & Vacances ha così evitato il fallimento siglando un’intesa con i fondi Alcentra e Fidera, con la società di investimento Atream e con i suoi principali creditori, intesa che prevede un’iniezione di capitali per 200 milioni di euro e la conversione in capitale di 552 milioni di debito non garantito. È prevista anche una nuova governance, così come l’esternalizzazione del finanziamento delle attività real estate con la creazione di una società ad hoc. Il tutto dovrebbe essere realizzato entro il prossimo 16 settembre. Al termine del riassetto, Alcentra dovrebbe detenere tra il 21,7% e 24,7% del capitale, Fidera il 20,5%-23,5% e Atream il 7,2%. Gli attuali azionisti dovrebbero ritrovarsi con il 4,7%-10,8% del capitale. “La firma dell’accordo con il consorzio Alcentra, Fidera e Atream assicura l’indispensabile ristrutturazione finanziaria del gruppo dopo il cataclisma della crisi sanitaria”, ha dichiarato Brémond. “L’intesa implica un cambiamento nel controllo del gruppo, ma ne assicura l’integrità”.
Il brand, insomma, resiste sotto altra governance. Per Brémond, invece, è la fine dell’avventura di una vita intera.
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