Caro Sgarbi,

perché tornare a terremotare la Pietà Rondanini di Michelangelo? Perché volerla riportare dentro quella nicchia, che per quanto elegante e “autoriale” fosse, dava molto la sensazione di una gabbia? Perché rimetterla in quella collocazione che la tagliava fuori dal percorso del museo chiudendola in una sorta di cul de sac?



Anche l’amatissimo, da te e da noi tutti, Giovanni Testori era stato a dir poco scettico su questa soluzione espositiva studiata dai BBPR. Sul Corriere si era chiesto, con malcelato sarcasmo, «cosa appenderemo a Milano, nel gabbiotto eretto attorno alla “Pietà” di Michelangelo? I cappotti dei visitatori?».

A proposito di Testori: qualche mese fa, in occasione della mostra sulla Scultura rinascimentale al Castello Sforzesco, nella nicchia rimasta “vedova” era stato allestito il video con Sandro Lombardi che recitava Mater Strangosciàs, ultimo capolavoro testoriano: il video del monologo era stato girato proprio davanti alla Pietà. Soluzione azzeccatissima, in quanto il testo è un “lamento” della Madre davanti al corpo del Figlio: in questo modo si proponeva una traccia viva, e anche parlante, del capolavoro che aveva abitato quel luogo per tanti anni. E si immaginava una nuova possibile funzione per quella nicchia, che racconta tanto della caparbietà con cui nel 1952 i milanesi erano riusciti ad acquisire quell’opera.



Quanto alla Pietà, per esperienza personale diretta, credo stia davvero bene dove ora è. Ad esempio, le si può girare attorno, così da capire tutta la “meravigliosità” di quell’arco disegnato dalla schiena di Maria, la quale si china sul Figlio e più che reggerlo sembra accoglierlo e inglobarlo in sé. Un arco così ampio e così vasto, da inglobare tutto il mondo, vien da dire…

La nuova casa della Pietà è anche un luogo pertinente, perché originariamente aveva avuto funzione di ospedale, dove i soldati occupanti spagnoli curavano le loro ferite e malattie. Stando stesi nei loro giacigli potevano meditare sui versetti del Credo tracciati sul soffitto: ora, proprio sopra la Pietà si leggono i passi del Credo che proclamano la Resurrezione e l’Ascensione di Gesù. È un dispositivo “involontario” ma perfetto per ribadire che la morte con Gesù non ha più l’ultima parola…



La Pietà lì dov’è respira. E permette di sperimentare quanto sia un’opera viva. Lo scorso anno ho avuto la fortuna di accompagnare il lavoro che una bravissima artista, Emma Ciceri, ha potuto realizzare con sua figlia Ester, che da quando è nata, per le sue condizioni, vive “attaccata” alla madre, proprio come la Madonna che è “attaccata” al corpo di Cristo: “atacata insieme” l’aveva efficacemente descritta il notaio Roberto Ubaldini, facendo l’inventario delle opere di Michelangelo dopo la sua morte nel 1564. Da quel mettersi davanti alla Pietà di madre e figlia era nato un video bellissimo che per qualche settimana era stato esposto, con molta discrezione (e anche commozione), in una delle nicchie dell’Ospedale degli Spagnoli. Emma Ciceri aveva reso evidente come la Pietà Rondanini, capolavoro non finito e infinito, si prolungasse dentro le fibre della vita presente. Il titolo da lei scelto per il suo video, Nascita aperta, dice tantissimo: quell’opera di Michelangelo, che testimonia di una morte, oggi comunica l’infinito della vita. Bisogna però metterla nelle condizioni di “parlare”. Per questo è bene lasciarla dov’è.

Non so se sono riuscito a convincerti, ma non potevo rinunciare a tentarci.

Tanti auguri per l’importante lavoro che ti attende con il tuo nuovo incarico.

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI