Intervista non banale quella concessa da Pietrangelo Buttafuoco a “Il Quotidiano del Sud“. Il pensatore siciliano si è reso protagonista di una serie di riflessioni legate ad aspetti molto personali senza negare, ad esempio, qual è la cosa di cui ha più paura: il “sussurratore“. E’ in questo modo che lo scrittore convertito all’Islam – il suo nome da musulmano è Giafar al-Siqilli, in onore all’emiro di Sicilia – chiama il diavolo. Secondo Buttafuoco, il demonio non è un’invenzione, ha anzi un’identità ben precisa: “È una persona. Esiste in quanto tale“. Lo scrittore aggiunge: “Sì, lo riconosco. Arriva attraverso un brivido, un tipo particolarissimo di freddo”. Ma non sono questi gli unici contatti “paranormali” che Buttafuoco sostiene di sperimentare. Il più clamoroso riguarda il padre scomparso: “Lo sento anche incontrandolo nelle giornate qualsiasi, nei momenti inaspettati. L’ultima volta l’ho incontrato mentre facevo le scale mobili all’aeroporto. Me lo sono ritrovato accanto. Così, con naturalezza. Gli racconto le cose che faccio“.



PIETRANGELO BUTTAFUOCO: “IN SICILIA SARA’ LA MIA TOMBA”

Buttafuoco ha parlato anche del suo modo di pensare alla sua terra d’origine, la Sicilia: “L’ultima volta che ho avuto la sensazione di trovarmi a casa è stato ad Agrigento, nella Valle dei Templi, al tramonto, ritrovandomi faccia a faccia con una capra girgentana. Per me era la dimora, il dimorare“. Quando gli viene domandato se un giorno intende fare ritorno in Sicilia, il pensatore non esprime dubbi: “Sì, come no, tanto che non ho mai cancellato la residenza. Se vorrò morire in Sicilia? Quanto meno lì sarà la mia tomba: a Leonforte. Come sarà? Sotto terra“. Sempre alla Sicilia sono legate quelle parole che Buttafuoco si porta dietro – e dentro – da quando era bambino: “Intanto “melograno”. Perché mi dà il senso della piena goduria, dell’attesa, perché devi aspettare quella stagione e nessun’altra, il melograno non lo trovi con facilità da supermercato. Un’altra parola è “zalora”, è un frutto bellissimo della Sicilia. Come vede le sto dicendo parole che presuppongono passeggiate per le campagne. Diciamo che sono uomo di campagna. Il mare? Tanto di cappello per il mare, ma io sono uomo di campagna. La Sicilia è più di terra. Quando a noi siciliani gli amici dicono che vanno a Salina, ad Alicudi, a Filicudi, noi li guardiamo sbalorditi, perché il mare siciliano è il grano“.



PIETRANGELO BUTTAFUOCO: “PERIODO MAGNIFICO DELLA MIA VITA”

C’è tanto del rapporto di Pietrangelo Buttafuoco con la vita in questa lunga intervista: “Che periodo è questo? Magnifico, entusiasmante, con molta adrenalina. Perché le mie giornate sono dei mosaici, e ogni singola pietruzza ha un suo racconto. Poi, appena posso, mi godo il romanzo nel suo insieme“. Lo scrittore ammette in ogni caso di sentire il passare degli anni: “Quello sì, me ne accorgo. Perché essendo pedone in una città terribile come Roma, ogni passo che faccio è un agguato, un inciampo, allora avverto che le risposte del corpo non sono più come quelle di un tempo“. Provocato rispetto all’ipotesi che a venire meno possa essere anche il vigore che determina l’eros, Buttafuoco replica: “Un proverbio dice: “L’uomo sessantino lassa a fimmina e pigghia lu vino”. Vuol dire che anticamente si conoscevano bene i passaggi del tempo. L’attraversamento delle stagioni mi muove a tenerezza“.

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