Pietrino Vanacore, portiere dello stabile di via Poma in cui fu uccisa Simonetta Cesaroni, fu tra i primi sospettati del delitto consumato negli uffici romani dell’Aiag (Associazione italiana alberghi della gioventù) il pomeriggio del 7 agosto 1990. Innocente, è morto suicida nel 2010 prima di testimoniare nel processo che allora si celebrava in primo grado a carico di un’altra persona finita sotto accusa, Raniero Busco, fidanzato della vittima all’epoca dei fatti assolto in via definitiva dall’accusa di omicidio volontario nel 2014.
Il nome di Pietrino Vanacore era finito sulle cronache del delitto di via Poma pochi giorni dopo la morte della 20enne, dopo essere stato iscritto nel registro degli indagati perché sospettato di avere avuto un ruolo nella terribile fine della ragazza. Sarebbe rimasto in cella fino al 30 agosto seguente, data della sua scarcerazione, e nel 1995 la sua posizione uscì definitivamente di scena dopo l’archiviazione delle ipotesi avanzate a suo carico. Il 9 marzo 2010, un mese dopo l’avvio del processo a carico di Busco, Vanacore si sarebbe tolto la vita condensando il suo addio in un biglietto: “20 anni di sofferenze e di sospetti ti portano al suicidio“.
Com’è morta Simonetta Cesaroni: uccisa con 29 colpi, l’arma forse un tagliacarte
Quella di Pietrino Vanacore è stata soltanto una delle tante piste seguite nel tentativo di risolvere il giallo di via Poma. Il corpo di Simonetta Cesaroni, trovata senza vita la notte del 7 agosto 1990 in una stanza degli uffici Aiag del civico 2, raccontò di un delitto particolarmente efferato. Sul cadavere sarebbero state evidenziate 29 ferite da arma da taglio, inferte forse con un tagliacarte, e un morso sul seno. Gran parte degli indumenti della vittima spariti dalla scena del crimine e mai ritrovati. Mai ritrovate anche le chiavi dell’ufficio, probabilmente portate via dal killer dopo l’omicidio. L’assassino di Simonetta Cesaroni non ha ancora un nome, nonostate i tre decenni trascorsi dalla morte e le numerose piste imboccate dalle indagini. Dal punto di vista giudiziario, l’ultima sentenza sul caso è quella del 2014 con cui la Cassazione ha confermato in via definitiva l’assoluzione dell’ex fidanzato Raniero Busco. In primo grado era stato condannato a 24 anni, verdetto poi ribaltato in appello.
I giudici scrivono questo sulle circostanze del ritrovamento di Simonetta Cesaroni senza vita nella penombra degli uffici di via Poma: “La scena del criminepresentatasi alla sorella e alle persone che la accompagnavano era la seguente: il corpo era supino con il capo riverso, le braccia e le gambe erano divaricate; indossava solo il reggiseno abbassato sui capezzoli e dei calzini bianchi. Sul ventre era appoggiato di traverso il corpetto che la giovane abitualmente portava sopra il reggiseno: il capo non era imbrattato di sangue (al contrario del reggiseno), circostanza da cui si deduceva che esso non fosse indossato dalla vittima al momento dell’azione omicidiaria e fosse stato appoggiato sul corpo successivamente“. Tra le tante stranezze rilevate, ancora oggi fonte inesauribile di domande insolute, la singolare posizione delle calzature della vittima all’interno dello stesso locale in cui giaceva cadavere: “In un angolo della stanza erano allineate le scarpe da tennis slacciate“, come se qualcuno, prima o dopo il delitto, avesse avuto cura di sistemarle. La porta dell’appartamento risultò chiusa a chiave, “verosimilmente con le chiavi in possesso della vittima, che erano state asportate, insieme agli altri vestiti di Simonetta Cesaroni, ad altri suoi effetti personali e all‘arma del delitto (probabilmente un tagliacarte) – scrivono i giudici –: tutti oggetti mai più ritrovati”. All’ingresso nessun segno di effrazione, sintomo che l’accesso dell’assassino doveva essere avvenuto senza forzatura della porta. “I locali erano stati ripuliti e ordinati dopo il delitto: in particolare, la quantità di sangue rinvenuto presso il corpo era grandemente inferiore a quello presumibilmente fuoriuscito. Tracce ematiche erano state rinvenute anche sulla porta di ingresso della stanza e sulla tastiera del telefono“.