Pietro Citati era una grande eco? ovvero una risonanza fatta uomo di quanto nella letteratura e perciò stesso nella vita si va cercando, o meglio si incontra e non si sa bene perché e allora se ne cerca il senso? Solo che il senso, nei grandi scrittori amati da Citati (e soprattutto lui, Kafka) non è un codice che si svela, non un “colpevole” rintracciato, non un rebus risolto.
No, il senso è il movimento della realtà, ritmo e enigma, opposizione, forse apparente, di assoluto e fuggevole, relativo. Come scrive il suo migliore allievo, collega e amico, Paolo Lagazzi, curatore del Meridiano Mondadori dedicato all’opera di Citati: “Confrontandosi con il lato assoluto (spirituale, sacro, mistico) e con quello relativo (fenomenico, screziato, relativo) dei grandi libri, l’opera critica di Citati si dispiega, allo stesso tempo, come il mondo di un mistico e di un romanziere, di un teologo e di uno scenografo, di un esploratore dell’invisibile e di un appassionato di lustri cataloghi, di cortei di figure di lanterne magiche”.
La mole impressionante di lavoro critico o di ri-narrazione svolta da Citati su grandi capolavori e figure lascia sbalorditi, considerata anche accanto all’attività di fondazione e conduzione della meritoria collana di classici della Fondazione Valla. Ci confrontammo in una trasmissione televisiva, mi pare ospiti di Elkann, su Leopardi, del quale aveva raccontato vita e opera in un suo librone di oltre 400 pagine. Non mi convinceva la sua insistenza sulle malattie leopardiane, elencate e sviscerate con precisione, sto piuttosto con chi ti racconta la vita di un tizio e cerca da quali opposizioni, eventi, paradossi si nutra un’opera comunque mai puramente riducibile a specchio della biografia. C’era qualcosa di eccessivo in quegli elenchi di malanni, forse di “disperato”.
Penso che Citati, insieme a un nome che non molti avranno il coraggio di accostargli, ma che forse è l’unico in Italia che reggeva il paragone, e intendo Piero Buscaroli, storico della musica (autore di grandiosi libri su Bach, Beethoven, Mozart), ecco penso che questi lettori e critici e storici erano tesi all’indagine sul genio. La biografia è la manifestazione di un paradosso, il genio. E genio è la parola più scomoda dei nostri tempi. Infatti oggi la si rifila a qualche starlette ogni due per tre per addomesticarla. Invece questi lettori, pur con una mole impressionante di riscontri, verifiche, risalite alle radici eccetera, sapevano – ed era la loro disperata forza – che il genio è raro e non è spiegabile. Semmai raccontabile, se sai scrivere molto bene, come Citati sapeva fare, ma non si può svelare. E la sua presenza inquieta la riduzione della storia a vicenda orizzontale…
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