Sono state rese note le motivazioni della sentenza con la quale Pietro Genovese è stato condannato a 8 anni per aver travolto e ucciso su Corso Francia, a Roma, le due giovani sedicenni, Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli nella notte tra il 21 ed il 22 dicembre 2019. “È assai elevato il grado di colpa dell’imputato, sotto il profilo del quantum di evitabilità dell’evento”, scrive il gup del Tribunale di Roma Gaspare Sturzo, come riferisce Fanpage, “essendo l’incidente frutto anche di una negligente scelta dell’imputato di mettersi alla guida dopo aver fatto uso di alcol”. Nei confronti del giovane ventenne, figlio del noto regista Paolo Genovese, il pm aveva chiesto la condanna a 5 anni, poi aumentata di ulteriori tre.
Il giovane fu processato con il rito abbreviato e la sentenza di condanna per omicidio stradale è arrivata lo scorso dicembre ad un anno esatto dalla tragedia nella quale persero la vita le due sedicenni. Genovese si trova ai domiciliari dal 26 dicembre 2019. I suoi avvocati avevano chiesto un patteggiamento a 2 anni e 3 mesi ma la procura non ha accettato in quanto considerato troppo mite.
PIETRO GENOVESE, MOTIVAZIONI SENTENZA DI CONDANNA A 8 ANNI
Pietro Genovese dichiarò agli inquirenti che la sera del drammatico incidente non vide le due ragazze, Gaia e Camilla mentre attraversavano la strada. Il giovane risultò positivo al test dell’alcol e della droga dal momento che aveva bevuto prima di mettersi alla guida facendo registrare un tasso alcolemico superiore a quello consentito di ben tre volte anche alla luce del breve tempo in cui aveva la patente. Secondo la ricostruzione riportata nelle motivazioni e resa nota anche da Il Giorno, l’imputato avrebbe investito le due vittime “sulle strisce pedonali, nel tratto della terza corsia di sinistra di corso Francia, dopo che queste avevano iniziato l’attraversamento con il verde pedonale ma si erano fermate per aver notato alla loro sinistra provenire dal precedente semaforo ad alta velocità tre auto impegnate, di fatto in una gara di sorpassi, che non accennavano a rallentare”. Genovese, inoltre, avrebbe “effettuato una serie di sorpassi utilizzando al contempo un cellulare con cui mandava messaggi; superando il limite di velocità in ora notturna; iniziando un ultimo sorpasso di un’auto che aveva cominciato a frenare e, poi, si era fermata”.