Comincerà il 17 dicembre il processo d’appello per Pietro Ialongo, condannato in primo grado a 24 anni per l’omicidio dell’ex fidanzata Romina Di Cesare, oggi ricostruito da Amore Criminale. La pena è stata decisa dalla Corte d’Assise di Frosinone a marzo, stabilendo anche le provvisionali immediatamente esecutive: 100mila euro al padre della vittima, 70mila euro per il fratello. Visto che in primo grado è stato giudicato capace di intendere e volere, la difesa in appello proverà a ottenere una nuova perizia psichiatrica e che se ne occupi uno psichiatra. Ma l’avvocato Marilena Colagiacomo punta anche a un nuovo esame del contenuto del telefonino del suo assistito, visto che è stato condannato anche per stalking, oltre che per omicidio.
Nelle motivazioni si legge che Pietro Ialongo era in grado di capire il significato delle sue azioni e di volerne gli effetti, infatti è quando ha preso coscienza che tra loro era finita che aveva deciso di ucciderla, peraltro col pugnale che lei gli aveva regalato. Le ha sferrato 14 coltellate in nove minuti, l’ultima, quella fatale, al cuore: per la Corte si evince così il suo accanimento e il “desiderio consapevole” di annientare Romina Di Cesare, lasciata agonizzante. Infatti, non ha allertato i soccorsi, ma è scappato via.
CHI È PIETRO IALONGO, LA DIFESA RICORRE IN APPELLO
Ora Pietro Ialongo si trova in carcere a Rebibbia, ma tornerà in aula, al tribunale di Roma, prima delle feste di Natale per la prima udienza del processo d’appello. Per la difesa è necessario un altro processo per chiarire alcuni aspetti che ritiene non siano stati approfonditi, per questo il 2 settembre ha depositato il ricorso con i motivi per i quali vuole che vada rinnovata l’istruttoria. Stando a quanto riportato da Primonumero, sono state depositate 32 pagine e in allegato le osservazioni critiche alla relazione della perizia psichiatrica eseguita dal dottor Nicolucci in primo grado.
Le note critiche sono state sottoscritte dal professor Valeriani, specialista in neurologia, psichiatria (anche forense) e criminologia, il quale contesta la relazione peritale del collega, secondo cui Pietro Ialongo è affetto da disturbi di tipo ossessivo-narcisistici, ma era capace di intendere e volere. Per il consulente della difesa, la perizia è lacunosa e orientata, ma soprattutto redatta solo dopo un incontro con l’imputato che sarebbe stato “frettoloso“, senza quindi analizzare la personalità dell’imputato e la sua storia complessa alle spalle. Infatti, era stato vittima di bullismo per la sua balbuzie e aveva riportato alcune conseguenze fisiche da un incidente stradale.
LO SCONTRO SULLA PERIZIA PSICHIATRICA
Per la difesa di Pietro Ialongo, dunque, ci sarebbe stata una catena di valutazioni sbagliate dietro la condanna. Non soffre di una personalità ossessiva, ma è affetto da un disturbo paranoide della personalità grave, se non da una infermità psichica per una condizione delirante paranoide.
Su queste basi partirà il processo di secondo grado, tenendo conto anche di quanto emerso nel primo, visto che i giudici hanno riscontrato che l’imputato “non ha manifestato sintomi di natura psichiatrica neppure dopo la carcerazione“, ma anzi ha risposto in maniera volontaria alle domande dell’accusa, contribuendo alla ricostruzione dell’omicidio per spiegare quel gesto così grave.
In merito al movente, è stato spiegato che il fidanzato Pietro Ialongo non accettava la decisione di Romina Di Cesare di lasciarlo e riconquistare la sua libertà, mentre nella scelta della pena, è stato valorizzato il comportamento processuale, la collaborazione e il dolore per l’accaduto, ma l’amore è stato superato dall’ira e da quella che viveva come la necessità di affermare le sue ragioni di uomo ferito e tradito.