«Ricordati Pietro, tu ti sei ispirato a lui (Tommie Smith) così come le generazioni future si ispireranno a te.» È così che il velocista Carlo Vittori aveva appellato il mitico Pietro Mennea, campione olimpico ai Giochi di mosca 1980 nei 200 metri piani. Ricky Tognazzi ha deciso di ideare e dirigere una docuserie tutta dedicata a lui, andata in onda per la prima volta a marzo 2015 su Rai1. Ed è sullo stesso canale che viene riproposta a partire dal 15 agosto 2024, con due episodi che raccontano la storia del grande Pietro Mennea, a partire dal libro a lui dedicato “La grande corsa”.
La docuserie racconterà in breve la parte antecedente alle Olimpiadi in Russia fino ad arrivare al bronzo ottenuto a Monaco di Baviera, in modo storico e allo stesso tempo divertente. Interpreti del cast, alcuni dei più grandi attori italiani scelti proprio da Tognazzi: Michele Riondino è il protagonista e veste i panni di Pietro Mennea, mentre Luca Barbareschi interpreta Carlo Vittori, amico del campione e velocista. Nel cast abbiamo poi Elena Radonicich, nelle vesti di Manuela Olivieri e Gianmarco Tognazzi, che invece interpreta “Masi”.
Pietro Mennea, l’amore per Manuela Olivieri e la terribile sconfitta a Montrèal
La trama di Pietro Mennea – La freccia del Sud è avvincente e appassionante, e racconta di come Pietro Mennea ripercorre la sua carriera appena prima di affrontare la semifinale dei 100 metri piani in quel di Mosca 1980. Nei suoi ricordi, l’inizio della sua professione con l’AVIS di Barletta, le prime gare a Termoli e l’incontro con Carlo Vittori. Poi, ancora, gli allenamenti durissimi a Formia, la vincita del primo bronzo nel 1972 a Monaco e la terribile strage degli atleti israeliani.
La docuserie Pietro Mennea – La freccia del Sud racconta anche del record mondiale nei 200 metri piani e la brutta delusione nel 1976 a Montrèal. Non solo sport, ma anche l’amore per la sua Manuela Olivieri, che lo sosterrà per tutta la vita e che di recente, lo ha ricordato per i dieci anni della sua morte, confessando che Pietro Mennea è rimasto nel cuore di molti, soprattutto perché per lui la parola “impossibile” non esisteva, motto che poi ha ispirato milioni di giovani sportivi e non.