«Io la sento viva, la cerco viva». Sono cambiate tante cose in quarant’anni, ma non la voglia di Pietro Orlandi di trovare sua sorella, insieme alla verità su cosa le sia accaduto. «Nel Vaticano sanno come sono andate le cose, questa inchiesta potrebbe durare poco», ha spiegato a Verissimo in merito all’apertura dell’inchiesta vaticana. Le persone più vicine a lui sono anche sua moglie e i sei figli. «Una delle cose buone che ha fatto il Vaticano è farmela conoscere». Uno dei suoi figli gli ha promesso che se la verità non dovesse uscire finché è in vita, continuerà lui a cercare Emanuela Orlandi. «Me lo hanno detto anche gli altri figli. L’ho detto anche in Vaticano, per spiegare che non ci sarà mai una fine finché non esce la verità». Il padre stava lavorando ad un’istanza per far riaprire l’inchiesta quando è morto nel 2004. «Nel giro di un anno sono morte due persone, una positiva e una un po’ più negativa, mio padre e Wojtyla. Sono le due persone che mi tenevano legato a questa vicenda». A proposito del santo: «Lui sapeva cos’è successo ad Emanuela. Ci parlò di terrorismo internazionale e che avrebbe fatto di tutto per una soluzione positiva. In quel momento, permise al silenzio e all’omertà di calare su questa vicenda. Ha mantenuto il silenzio fino alla fine. Così ha fatto Ratzinger». Invece su Papa Francesco: «Lo ha fatto per 11 anni, ora ha fatto aprire questa inchiesta. Forse hanno capito che il silenzio non è servito, ma io non dimentico quarant’anni. Io la parola perdono l’ho cancellata dal vocabolario, ne sono accadute tante».
Il riferimento è anche alle parole del Segretario di Stato Parolin: «Mia madre sta soffrendo da 40 anni e nessuno si è stracciato le vesti per questo, ma ne sono successe tante». Recentemente è stato criticato per le sue dichiarazioni Wojtyla, su cui è intervenuto l’avvocato Laura Sgrò che lo assiste nella sua battaglia: «Pietro non ha mai voluto offendere la sua memoria, è disponibile a parlare col promotore di giustizia. Ci preme Emanuela, deve tornare a casa. Ci fidiamo di quanto ha detto Papa Francesco, che ha chiesto piena luce su questa vicenda, quindi l’invito è di tornare alle sue parole». Pietro Orlandi a tal proposito ha precisato: «Non mi sono scusato, perché non ho offeso nessuno. Ho riportato un audio e le ho fatto ascoltare al promotore di giustizia per far ascoltare questa persona. Wojtyla usciva la sera di nascosto? Lo dicevano tutti quanti. Non era considerata una cosa grave, ma qualcuno ha voluto legare questa cosa all’audio e hanno voluto creare questa polemica». A Padre Georg ha risposto sulla vicenda del dossier: «Lo ha visto il cameriere del Papa, che era mio amico. Mi disse di non essere riuscito a fotocopiarlo e che avrebbe fatto di tutto per prenderlo, ma poteva entrare Padre Georg da un momento all’altro. Poi ne ha parlato anche al mio avvocato. Ora non ce l’ha, è vero, è in Segreteria di Stato». Invece, a proposito dell’ipotesi del trasferimento a Londra: «Io credo che ci siano delle cose vere all’interno di quei fogli, non ho mai abbandonato quella pista. Io penso che sia stata portata là per un periodo, ma è una mia convinzione». Più che la Banda della Magliana c’entra De Pedis: «Penso sia stata presa per ricattare qualcuno e che De Pedis sia stato usato come manovalanza. Io credo a quello che ha detto la Minardi, che Emanuela Orlandi è stata riconsegnata al Vaticano. Non poteva avere importanza Emanuela per un ricatto, forse è stata messa in una situazione per creare l’oggetto di un ricatto. Se il Vaticano fa di tutto per evitare che la verità esca, allora tocca qualcosa di così pesante. Quando mi dicono che sono troppo duro col Vaticano, devono capire cosa abbiamo vissuto». (agg. di Silvana Palazzo)
PIETRO ORLANDI A VERISSIMO RACCONTA LA SUA BATTAGLIA PER LA SORELLA EMANUELA
Pietro Orlandi porta il caso della scomparsa della sorella Emanuela a Verissimo. Il fratello della ragazzina sparita il 22 giugno 1983 è, infatti, ospite di Silvia Toffanin nella puntata di oggi. Un’intervista intensa per fare il punto della situazione sulla vicenda ancora irrisolta, ma per la quale la famiglia Orlandi non ha mai smesso di cercare la verità. Negli ultimi giorni ha ricevuto una lettera di accuse per le «vergognose allusioni» da lui rilanciate in tv su Karol Wojtyla, a cui ha replicato in modo seccato: «Io devo rispondere a Dio delle mie cattiverie? Beh…». Un giallo nel giallo, l’ennesimo che Pietro Orlandi vuole risolvere.
Stando a quanto riportato dal giornalista Fabrizio Peronaci, che da anni si occupa del caso, l’autore della lettera potrebbe essere forse un alto prelato, che ha recapitato nella cassetta della madre di Pietro ed Emanuela Orlandi quella missiva. Potrebbe trattarsi di «una persona adulta di sesso maschile», un soggetto «portatore di alti ideali», secondo quanto emerso all’analisi affidata dal Corriere della Sera alla grafologa giudiziaria Monica Manzini. La prima ipotesi fatta invece da Pietro Orlandi è che sia stata scritta da qualcuno di casa dentro le Sacre mura. Forse un religioso scandalizzato dalle insinuazioni su Wojtyla?
PIETRO ORLANDI E IL GIALLO DELLA LETTERA ALLA MADRE
Ma la lettera inviata a Pietro Orlandi potrebbe essere attribuibile ad una «persona ben informata all’interno della Santa Sede», secondo quanto fatto presente da ambienti investigativi che si sono rivolti a Fabrizio Peronaci. Una ipotesi legata a precisi elementi. Attualmente le ipotesi più accreditate sull’autore della lettera a Pietro Orlandi sono tre secondo il giornalista del Corriere della Sera.
La prima è che provenga da una persona che ha un ruolo preciso nell’indagine aperta recentemente dal Vaticano. In alternativa, potrebbe essere stata scritta da un ecclesiastico sentito come testimone dal procuratore Diddi, a cui è affidata l’indagine. A tal proposito, c’è anche la possibilità che la firma “Dei” sia un’indicazione del mondo di provenienza, forse un riferimento all’Opus Dei, organizzazione richiamata in snodi importanti della scomparsa di Emanuela Orlandi. Infine, l’autore potrebbe essere un prelato residente in Vaticano, magari non lontano dalla casa della famiglia Orlandi, che ha voluto semplicemente rimproverare Pietro scrivendo a sua madre, la cui devozione alle alte gerarchie della Chiesa non è stata mai messa in discussione. Il giallo resta aperto, un’altra domanda senza risposta per Pietro Orlandi e la sua famiglia.