Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, a colloquio con il promotore di giustizia Alessandro Diddi. A Storie Italiane spiega: “Sono stato lì per verbalizzare le cose che ho sempre detto. Loro hanno verbalizzato tutto con molta serenità, hanno ascoltato qualunque cosa senza disturbarsi dalle cose che dicevo. Non dimentico i quarant’anni passati ma questo lo vivo con un nuovo capitolo. Lui mi ha ripetuto per l’ennesima volta che ha avuto il mandato di fare chiarezza e non fare sconti a nessuno a 360°”.



Dopo quasi quarant’anni di silenzio e depistaggi, adesso si è riaccesa concretamente l’attenzione sul caso di Emanuela Orlandi. “Perché la svolta? Forse qualcuno ha capito che il silenzio non serve a nulla. Io mi auguro che sia chiusa con una verità al 100% e non con una verità parziale. I dubbi mi resteranno sempre. Sappiamo che la Commissione farà il massimo, voglio essere positivo. Ripeto, non dimentico i quarant’anni passati perché ci sono stati comportamenti incomprensibili ma possiamo anche credere che le persone cambino. Insomma, sono venuti a mancare i protagonisti di questa storia, Giovanni Paolo II e Ratzinger“.



Varie le piste

Pietro Orlandi, nel lungo colloquio con il promotore di giustizia, ha “aperto varie porte”, come racconta lui stesso. Tra queste c’è l’ipotesi di un trasferimento di Emanuela a Londra: “In una lettera tra il cardinale e il monsignore del 1993 viene detto: ‘Della situazione Orlandi è meglio se ne parliamo di persona’. La pista inglese indica che il governo potrebbe essere stato a conoscenza”.

Il fratello dell’allora 15enne, scomparsa all’interno del Vaticano, spiega ancora a Storie Italiane: “Il mio colloquio con il promotore di giustizia Alessandro Diddi è durato otto ore. È stato stancante. Ci dovremo risentire, me lo hanno già detto. In questo momento metto un attimo da parte tutto anche se la parola ‘Perdono’ l’ho cancellata dal mio vocabolario. Voglio arrivare a fare chiarezza e dare giustizia a Emanuela. Da parte mia ci sarà la massima disponibilità”.