Pietro Pacciani: chi è? Il giallo sul Mostro di Firenze

Quando si parla di Pietro Pacciani, la mente va inevitabilmente ad una delle più oscure vicende criminali che sconvolsero la provincia di Firenze e l’Italia intera tra gli anni Settanta e Ottanta. Il primo delitto fu commesso nel 1968 ed a questo seguirono altri sette duplici omicidi eseguiti tra il 1974 ed il 1985. Per riferirsi all’identità del killer, i media italiani utilizzarono l’appellativo di “Mostro di Firenze”, figura misteriosa attorno alla quale, sebbene siano passati diversi decenni, c’è ancora un alone di mistero. Pacciani, contadino originario di Scandicci, fu coinvolto nell’inchiesta che portò nel 2000 alla condanna in via definitiva a carico di Mario Vanni e Giancarlo Lotti – i cosiddetti ‘compagni di merende’ – ritenuti gli autori materiali di quattro duplici omicidi.



Pietro Pacciani fu invece condannato in primo grado a più ergastoli per i duplici omicidi commessi dal 1974 al 1985 (ben sette). L’uomo fu successivamente assolto in secondo grado ma è morto prima che si potesse compiersi un nuovo processo d’Appello. Era il 17 gennaio del 1993 quando Pacciani fu arrestato con l’accusa di essere lui il famigerato Mostro di Firenze. L’accusa a suo carico è gravissima: sarebbe stato lui l’autore degli omicidi delle sette coppie. Il processo a suo carico ebbe inizio poco più di un anno dopo, nell’aprile del 1994.



I processi a suo carico e l’assoluzione

Presso il tribunale di Firenze, tra il 19 aprile e il primo novembre 1994 andò in scena il complesso processo di primo grado a carico di Pietro Pacciani, nel corso del quale emersero tutte le violenze che l’uomo avrebbe commesso in famiglia. Per i giudici fiorentini, al termine del primo grado Pacciani fu ritenuto colpevole dei crimini di cui era accusato e per questo condannato alla pena dell’ergastolo. Fu ritenuto non colpevole solo del primo duplice omicidio commesso nel 1968 e che aprì ufficialmente la lunga scia di sangue). Quindici mesi più tardi, nel corso del secondo grado, fu però assolto e scarcerato ma il 12 dicembre 1996, la Cassazione annullò la sentenza di assoluzione ordinando un nuovo processo che però non fu mai celebrato.



Dopo l’assoluzione Pacciani fece ritorno nel suo casolare e contemporaneamente la moglie Angiolina decise di andarsene di casa ed avviare le pratiche per la separazione. Nel ’96 l’uomo fu rinviato a giudizio per sequestro e maltrattamenti ai danni della moglie in riferimento a fatti avvenuti quattro anni prima. Pietro Pacciani morì il 22 febbraio 1998, alla vigilia dell’inizio del processo d’Appello bis. Il suo corpo fu trovato nella sua casa di Mercatale con i pantaloni abbassati e il maglione tirato in alto fino al collo. L’autopsia dichiarò che Pacciani morì per cause naturali e nel dettaglio per una insufficienza respiratoria da edema polmonare causato da scompenso cardiaco.

Le tesi: innocente o colpevole?

Attorno alla figura di Pietro Pacciani e del Mostro di Firenze si sono susseguite negli anni diverse teorie, ma più di qualcuno sarebbe convinto della totale estraneità del contadino di Scandicci rispetto ai crimini che coinvolsero la provincia fiorentina. Ciò che portò all’unica condanna a carico dell’uomo, quello in primo grado, fu una serie di testimonianze e intercettazioni ambientali. Contro di lui anche una cartuccia per pistola trovata nel giardino del contadino, prova poi ritenuta in Appello “priva di valore”, sebbene compatibile con i bossoli trovati sul luogo dei vari delitti. Le cifre di denaro ed i movimenti sul suo conto, fecero successivamente ipotizzare un suo coinvolgimento insieme ai “compagni di merende” ed alimentò la tesi degli omicidi su commissione da parte di mandanti mai identificati.

Di contro, a ritenere che non fosse lui il Mostro di Firenze, fu Natalino Mele, unico sopravvissuto al duplice delitto del ’68 il quale in una intervista a Libero sostenne: “Io credo che Pacciani ed i suoi “compagni di merende” non siano i colpevoli ma, al massimo, dei comprimari”. A sostenere che non fosse lui il serial killer, anche Suor Elisabetta, spalla spirituale di Pacciani, del quale raccontò in una intervista a La Nazione: “Credo che mi avrebbe detto qualcosa, perché lui mi confidava tutto. Invece non mi ha mai parlato. Ma proprio mai”, dicendosi certa della sua innocenza.