Pignorare i palazzi tedeschi per risarcire le vittime del nazismo. È quanto stabilito dal tribunale di Roma, secondo cui le vittime del Terzo Reich che hanno vinto i processi devono essere risarciti da Berlino e, quindi, le proprietà della Germania a Roma vanno pignorate. Di conseguenza, il giudice Miriam Iappelli, che ha impugnato il dl del governo Draghi, come riportato da Repubblica, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale. Nel mirino il Goethe Institut, l’Istituto storico germanico, la Scuola germanica e l’Istituto archeologico tedesco. Immobili che potrebbero essere congelati se il governo di Olaf Scholz non dovesse risarcire le vittime del nazismo. Per ora è solo una possibilità, perché spetta alla Corte Costituzionale esprimersi.
Ma il caso c’è: da un lato c’è il diritto delle vittime del nazismo ad ottenere risarcimento, dall’altro i rapporti delicati tra gli Stati. Infatti, il governo Draghi aveva provato a trovare una soluzione politica. Con un decreto legge aveva stabilito che la Germania non doveva rifondere le vittime italiane e metteva a disposizione delle famiglie delle vittime un fondo da 20 milioni di euro. Ma il magistrato del tribunale civile ha impugnato questa decisione e ora punta verso le proprietà tedesche presenti nella Capitale italiana.
IL CASO DOPO LE VITTORIE DELLE FAMIGLIE ANGELANTONIO E CAVALLINA
“Le procedure esecutive non possono essere iniziate o proseguite e i giudizi di esecuzione eventualmente intrapresi sono estinti“, questa la conseguenza del decreto legge del governo Draghi. Quindi, nessun nuovo processo contro la Germania per gli italiani uccisi tra il primo settembre 1939 e l’otto maggio 1945. Inoltre, le cause vinte non possono portare al pignoramento delle proprietà tedesche in Italia. Ma per il giudice Miriam Iappelli, come riportato da Repubblica, i creditori subirebbero così “la soppressione del loro diritto di procedere ad esecuzione forzata in ragione dei titoli di condanna ottenuti“. Il magistrato ritiene anche che il legislatore potrebbe aver così creato “uno sbilanciamento a favore della parte esecutata del presente procedimento, esentando la Germania dagli effetti pregiudizievoli della condanna“. Uno squilibrio tra le parti che, secondo il giudice, “non trova un contrappeso nella costituzione di un fondo di ristoro“. Peraltro, la Germania si ritroverebbe ad essere l’unico Stato dell’Ue a potersi sottrarre dall’esecuzione forzata di titoli di condanna in suo danno in seguito alla lesione dei diritti inviolabili della persona. Il giudice ha sollevato il caso dopo le vittorie processuali dei figli di Giorgio Angelantonio, deportato a Dachau, e dagli eredi del partigiano Gualberto Cavallina, un’altra vittima del nazismo.
SI RIAPRE LA BATTAGLIA CON LA GERMANIA
Nel caso di Cavallina il governo tedesco era stato condannato dalla Corte d’Appello di Roma nel 2021 al pagamento di 100mila euro a favore degli eredi. Il verdetto fu criticato aspramente dai tedeschi, che avevano fatto ricorso arrivando alla Corte di giustizia europea, perché per Berlino era stato violato “il principio dell’immunità relativa degli Stati dalla giurisdizione esecutiva“. Cioè anche se condannati, i governi di altri Paesi non potrebbero mai essere colpiti da pignoramenti e dall’espropriazione forzata in caso di mancato pagamento. Il governo Draghi, come ricostruito da Repubblica, aveva provato a risolvere la situazione con un fondo di ristoro, ma la partita è stata riaperta, perché per il giudice capitolino devono essere i tedeschi a pagare. “In queste cause sono in gioco quelli calpestati delle vittime di crimini di guerra. Un tema di drammatica attualità. Non si possono cancellare a colpi di decreti legge ad personam o nel nome di accordi tra Stati che ignorano le sofferenze inflitte ai loro popoli da guerre insensate. La nostra Costituzione non lo permette“, il commento dell’avvocato Fabio Anselmo, che rappresenta la famiglia Cavallina, riportato dal quotidiano.