Nel quarto trimestre del 2022 il Pil reale sembra essersi fermato nell’Unione europea, rimanendo sullo stesso livello del terzo trimestre, mentre sarebbe lievemente cresciuto nell’Eurozona, registrando un modesto +0,1% sul trimestre precedente. Queste sono le stime preliminari dell’Eurostat, basate sui Paesi più rapidi nell’elaborare e pubblicare i loro dati, tra i quali sono incluse le quattro maggiori economie tra i 27 Paesi.
Tra esse due sono in negativo, l’Italia con un -0,1% e la Germania con un -0,2%, mentre risultano ancora con segno positivo le due restanti, la Francia con +0,1% e la Spagna con +0,2%. Non si può non notare come questi quattro Paesi si collochino in un range ridottissimo, tra +0,2 e -0,2%, con la media aritmetica che è proprio zero. E inoltre questi valori così ridotti, che sono come al solito corretti per gli effetti di calendario e destagionalizzati, potrebbero essere oggetto di rettifica nelle stime finali, per cui non possiamo escludere che il nostro -0,1% possa convergere a zero quando tra un mese saranno rese note le stime definitive.
Non si tratta solo di un auspicio ma anche di un’ipotesi, basata sul fatto che i comparti produttivi che hanno registrato riduzione sono l’industria e l’agricoltura mentre ancora una volta i servizi, più difficili da stimare dell’industria, risultano con segno positivo. Dal lato della domanda, la componente estera netta risulterebbe aver dato un contributo positivo, dunque con la variazione delle esportazioni migliore di quella delle importazioni, non riuscendo tuttavia a compensare quello negativo della domanda interna che, ricordiamo, è formata dai consumi finali, privati e della Pa, e dagli investimenti.
Nell’insieme questi dati non debbono essere valutati negativamente, mostrando una temporanea sosta delle economie europee al posto della recessione che all’inizio dell’autunno era invece prevista da tutte le organizzazioni economiche internazionali. Considerando la decisa attenuazione che vi è stata ultimamente nei prezzi di approvvigionamento internazionale del gas e delle sue attese ripercussioni sui prezzi dei prodotti energetici in generale i rischi recessivi sembrano essere in fase di netto allontanamento, così come quello di un ulteriore peggioramento dei dati sull’inflazione e del potere d’acquisto delle famiglie.
In aggiunta dobbiamo guardare anche a due numeri positivi che riguardano l’Italia e che dal solo dato del quarto trimestre non si vedono:
– il primo è che rispetto allo stesso trimestre del 2021, dunque la variazione tendenziale, il Pil del trimestre finale del 2022 risulta maggiore dell’1,7%, a fronte dell’1,1% della Germania e solo dello 0,5% della Francia; solo la Spagna è più alta di noi, col 2,7%, ma essa non è ancora tornata, a differenza di tutti gli altri Paesi, al livello pre-Covid del quarto trimestre 2019;
– il secondo è il dato finale della crescita nell’intero 2022, dunque il dato medio annuo, che è risultato del 3,9%, diversi decimali al di sopra di tutte le previsioni formulate ancora pochi mesi fa e due punti percentuali esatti sopra l’1,9% della Germania.
Dunque numeri positivi coi quali possiamo archiviare il 2022 senza preoccuparci troppo del rallentamento che è avvenuto in fine d’anno.
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