Il Pil italiano nell’ultimo trimestre del 2023 è cresciuto dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dello 0,5% in termini tendenziali. La stima preliminare dell’Istat parla di una crescita complessiva nello scorso anno pari allo 0,7%. Dati che sembrano “confortanti” se paragonati a quelli complessivi dell’Eurozona (crescita zero nel quarto trimestre) e a quelli di Francia (crescita zero anche in questo caso) e Germania (-0,3% sia nell’ultimo trimestre che nell’intero 2023). Come ricorda Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano, «sulla base di queste stime, rispetto al quarto trimestre 2019, l’ultimo pre-Covid, l’Italia è cresciuta del 3,6%, la Spagna a del 2,7%, la Francia del1’1,7%, mentre la Germania è tornata agli stessi livelli di allora. In questo quadro di debolissima crescita europea, l’economia del nostro Paese sta tenendo anche perché, in attesa dei dati definitivi e dettagliati, sembrerebbe esserci stato un contributo positivo della domanda estera netta, mentre c’è stata una leggera flessione della domanda interna».
Le tensioni nel Mar Rosso potrebbero creare problemi in questi primi mesi dell’anno sul fronte della domanda estera che ci aiutato nell’ultima parte del 2023?
Bisognerà vedere i dati dettagliati per capire se il contributo positivo della domanda estera netta sia dipeso più da un aumento dell’export piuttosto che da una diminuzione dell’import. In ogni caso il suo impatto sul Pil non è particolarmente significativo. Da questo punto di vista è molto più importante la tenuta della domanda interna e mi sembra che i primi indicatori dell’anno non siano negativi. Inoltre, in Italia l’inflazione sta scendendo più velocemente che negli altri Paesi del G7: i consumi delle famiglie non sono, quindi, così minacciati come potevano esserlo nella prima parte del 2023.
Ieri sono state diffuse anche le previsioni del Fondo monetario internazionale, secondo cui l’Italia crescerà quest’anno dello 0,7%. Cosa ne pensa?
È una previsione in linea con quella dell’Ocse dello scorso novembre. Credo che l’inizio del 2024 sarà fiacco, un po’ come lo è stato il 2023, ma non sarà un anno catastrofico. Purtroppo quello che passa il convento, anche per quanto concerne il commercio intracomunitario, è questo. Mi sembra un po’ ambiziosa la stima del Fmi sulla Germania, che dovrebbe crescere quest’anno dello 0,5% e il prossimo dell’1,6%. Spicca, inoltre, la situazione fiacca dell’Eurozona, la cui stima sul Pil per il 2024 è pari al +0,9%. Gli Stati Uniti sono l’unica economia non emergente che sta realmente crescendo. L’Italia, in ogni caso, sarebbe il Paese a crescere di più nel G7 dopo gli Usa rispetto al quarto trimestre del 2019.
Riguardo la situazione di debolezza economica europea, cosa si potrebbe fare? Il problema non sembra essere solo quello dei tassi della Bce…
L’atteggiamento da sfinge della Bce di certo non offre agli operatori speranze, segnali che possano invogliarli a essere più proattivi in termini di investimenti, ma il vero problema è che laddove non ci sono degli sforzi già avviati, come con il Pnrr in Italia e in Spagna, non c’è una spinta agli investimenti, anche perché manca un disegno europeo. Anzi, il disegno europeo che finora si è concretizzato tramite gli obiettivi di transizione energetica ha gettato confusione più che certezze tra gli operatori. Purtroppo la paralisi è certa fino alle elezioni europee. Vedremo poi con l’insediamento della nuova Commissione quale sarà il suo orientamento, se mirerà a rafforzare qualche progetto per la crescita e non soltanto a fornire obiettivi ecologici che stanno in realtà giocando contro la crescita potenziale dell’Europa.
Perché giocano contro la crescita europea?
Perché sono obiettivi che rischiano di deindustrializzarci più che darci delle prospettive industriali. Questo approccio europeo così ideologico in nome di qualche obiettivo ambientale non pragmatico significa pestare i piedi a chi produce, dimenticando che lo fa già meglio di altri al mondo dal punto di vista del rispetto ambientale. Non capisco questa ostinazione, frutto evidentemente di una burocrazia molto ideologica. Purtroppo Timmermans ha fatto scuola e i danni si vedono. Tra qualche anno ricorderemo l’ex vicepresidente della Commissione come l’uomo che ha attentato all’economia europea. Andando avanti di questo passo, l’inquinamento si sposterà altrove seguendo la produzione che lascerà l’Ue per trasferirsi in altre aree del mondo. Questo è un punto da rovesciare e spero che i Governi italiano e di altri Paesi europei abbiano la forza di battere i pugni sul tavolo della nuova Commissione per far cambiare questa musica.
Nel frattempo su cosa dovrà puntare l’Italia per cercare di contrastare le spinte recessive in questo 2024?
La vera arma a nostra disposizione è il Pnrr. Le primissime indicazioni degli indici PMI e delle attività delle costruzioni mostrano una tenuta del settore. Bisognerà capire se a fronte di un progressivo rallentamento dell’edilizia residenziale, dovuto anche alla fine del Superbonus, arriverà veramente il contributo di quella non residenziale che potrebbe essere decisivo.
(Lorenzo Torrisi)
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