Il tonfo, previsto, è stato pesante, ma meno di quanto temuto. Nel secondo trimestre del 2020 l’economia italiana ha subito, complice il lockdown, una contrazione del 12,4% rispetto al primo trimestre, contro la previsione di un calo del 15%. Il dato è in linea con i risultati dei partners. In Francia il calo a fine giugno è stato del 13,8%, poco meglio la Germania (-10% abbondante), molto peggio ha fatto la Spagna (-18,5%).
Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha dichiarato di aspettarsi un marcato rimbalzo nel terzo trimestre, quasi il 15% rispetto al picco negativo di aprile-giugno. La previsione del ministro fa il paio con analoghe previsioni di altri Paesi. La Banque de France prevede un rimbalzo del 14% circa. Ma la ripresa dipende strettamente dalla battaglia contro la pandemia nell’attesa di uno o più vaccini. Dopo un’ondata di ottimismo, tende a crescere il timore di una nuova ondata di contagi o, più genericamente, di incertezza, con effetti evidenti sulla dinamica della spesa e dell’ascesa della propensione al risparmio. La psicologia, dunque, resta dominata dalla paura, uno stato d’animo che può complicare la ripresa dei consumi e allargare l’area delle imprese, soprattutto piccole e medie, che rischiano di esaurire i soldi in cassa e quelli disponibili a credito.
È questo il timore ereditato dal trimestre orribile in cui l’economia tricolore si è contratta per 50 miliardi di euro. Si tratta del terzo ribasso consecutivo dopo il -5,4% precedente, dato che autorizza a parlare ufficialmente di recessione come fa l’Istat: “Con questo risultato – recita la nota dell’istituto – il Pil fa registrare la caduta più elevata dal primo trimestre 1995”. “Il crollo – continua l’Istat – si colloca all’interno di un contesto internazionale dove le principali economie registrano riduzioni di analoga portata”. Scende il valore aggiunto in tutti i comparti, così come dal lato della domanda vi è un contenuto negativo sia della componente nazionale che internazionale.
Le notizie sul futuro prossimo sembrano quasi rassicuranti grazie a quelle in arrivo dai vari centri di ricerca. Ma il presente proietta note inquietanti, specie per quel che riguarda le prospettive dei vari programmi fiscali e monetari di sostegno. Sembra impossibile, visti i numeri, che l’Italia possa rinunciare al Mes, come ben sanno quanti suggeriscono di far ricorso a nuove emissioni di Btp, oggi sotto controllo per la garanzia della Bce che non potrebbe essere estesa in caso di rifiuto delle decisioni prese collegialmente dall’Ue.
Semmai merita attenzione l’evoluzione della situazione Usa. Complice l’incattivirsi del quadro internazionale, la congiuntura resta complessa al punto che la Fed potrebbe annunciare nuovi interventi ad agosto, in occasione del meeting di Jackson Hole, ovvero l’adozione di un obiettivo di inflazione al 2,5-3% attraverso un Qe massiccio e prolungato. In quel caso la Bce dovrebbe agire di conseguenza per evitare una nuova valutazione dell’euro a danno dell’Europa in recessione. I tassi bassi, dunque, non saliranno. Anzi.