I dati finali del Pil nel 2021, pubblicati ieri dall’Istat, confermano ciò che già sapevamo dal mese scorso e immaginato un trimestre fa: un recupero quasi completo in Italia del livello di attività economica che si aveva prima che il Covid si abbattesse sul nostro pPese. Nel totale dell’anno il Pil in termini reali è cresciuto del 6,6% rispetto al 2020 della pandemia e ci lascia inoltre un effetto di trascinamento sul dato medio dell’anno in corso del 2,3%. Questa è dunque la variazione già acquisita per il 2022 che si tradurrebbe nel dato medio del nuovo anno se per tutti i quattro trimestri il Pil restasse assolutamente fermo al livello raggiunto nel quarto trimestre del 2021.
Se sommiamo in maniera un po’ semplicistica la crescita dell’anno scorso e il trascinamento sul nuovo otteniamo un 8,9% complessivo che è valore identico alla percentuale di caduta del Pil che si ebbe nel 2020 a causa della pandemia. È un modo rapido per far vedere che quella caduta così consistente, che si era vista solo in epoche belliche e mai neppure nelle recessioni più gravi, come quella dei primi anni ’30 del secolo scorso, del 2008-09 e del 2011-13, è stata sostanzialmente recuperata. Non completamente, in realtà, perché occorre sempre ricordare che le percentuali misurate durante una ripresa non sono equivalenti a quelle misurate durante la precedente caduta: una riduzione del 10% nel livello di un indice lo porta da 100 a 90, ma il successivo eventuale recupero sempre del 10% lo riporta a 99 e non al livello da cui si era partiti.
Per una valutazione più precisa è infatti opportuno esaminare i dati a livello di trimestri e porre il nostro livello 100 di partenza al quarto trimestre 2019, quando il Covid non si era ancora manifestato. In questo modo possiamo analizzare sia l’entità della grave caduta del primo semestre 2020, quello del rigido lockdown, sia il recupero nell’anno e mezzo seguente che si è concluso a fine 2021.
Grafico 1 – Pil reale e componenti della domanda (Indici IV trim. 2019 = 100)
Vediamo in questo modo nel Grafico 1 come i 18 punti percentuali di caduta del primo semestre 2020 siano stati recuperati quasi integralmente (l’indice preciso del IV trimestre 2021 è a 99,7, non ancora a 100 come si potrebbe leggere nel grafico), tuttavia con dinamiche differenziate a seconde della componenti della domanda:
– la spesa reale della Pa non si è mai contratta in questi due anni, ricordiamo l’incremento di spesa sanitaria necessaria per far fronte alla pandemia, e il suo livello è ora a +2,6% rispetto alla fine del 2019;
– gli investimenti, che era la componente più toccata dalla fase di caduta, hanno avuto una crescita rilevante durante tutto lo scorso anno e sono ora a +11% rispetto al pre-Covid; essi meritano un approfondimento per vedere quali dinamiche specifiche interessano le loro differenti tipologie;
– manca ancora all’appello il pieno recupero dei consumi: si collocano al livello di 96,7, dunque siamo 3,3 punti sotto il livello ante-Covid e difficilmente potranno completare il recupero nel breve termine, data la crescente inflazione che riduce il potere d’acquisto di redditi stagnanti.
Per non appesantire il Grafico 1 è stata omessa la componente estera che è invece rappresentata nel Grafico 2.
Grafico 2 – Import ed export reali (Indici IV trim. 2019 = 100)
Qui osserviamo livelli sia di export che di import reali superiori al pre-pandemia, tuttavia con una dinamica più accentuata dell’import rispetto all’export:
– l’export era stato molto penalizzato dalla pandemia (-31% nella prima metà del 2020) e ora è a un +1%;
– l’import era diminuito di meno (-23%) ed è cresciuto più rapidamente, collocandosi ora a un +7%
In conseguenza il nostro attivo commerciale, misurato in valore, è peggiorato collocandosi nell’intero 2021 a 47 miliardi di euro rispetto ai 60 miliardi di ognuno dei due anni precedenti.
Come bilancio dell’anno è utile un focus sugli investimenti, data la loro buona dinamica complessiva.
Grafico 3 – Investimenti reali per tipologia (Indici IV trim. 2019 = 100)
Il Grafico 3 evidenzia come la crescita degli investimenti sia principalmente dovuta alle costruzioni:
– le abitazioni, per il probabile effetto degli incentivi, sono a +24% rispetto al pre-Covid;
– i fabbricati non residenziali, dunque commerciali, industriali, ecc. sono a +15%;
– macchinari, impianti, attrezzature (e armamenti), dunque gli investimenti che sono effettivamente in grado di ripristinare/accrescere la capacità produttiva del Paese, pur con una buona dinamica sono invece solo a +5% rispetto al pre-Covid;
– langue invece la sostituzione del parco auto e dei veicoli commerciali delle imprese, con il comparto che è ritornato a dinamiche negative nella seconda metà dell’anno e si colloca ora a un -23% rispetto al pre-pandemia.
Se infine guardiamo specificamente al quarto trimestre 2021 rispetto al precedente, vediamo come l’incremento sia stato solo dello 0,6%, dunque in rallentamento rispetto al terzo, e del 6,2% rispetto al quarto trimestre del 2020. La stima della crescita congiunturale del Pil diffusa il 31 gennaio 2022 era stata anch’essa dello 0,6%, ma quella tendenziale del 6,4%. Rispetto al terzo trimestre i consumi finali nazionali (famiglie più Pa) sono saliti dello 0,2%, mentre gli investimenti fissi lordi del 2,8%. Le importazioni sono invece aumentate del 4,2%, mentre le esportazioni sono rimaste stazionarie.
Per il primo trimestre 2022 dobbiamo invece attenderci gli effetti della quarta ondata pandemica che pur non contrastata da nuovi lockdown ha visto comunque una riduzione sensibile, a carattere spontaneo, degli spostamenti delle persone e si presume anche un calo conseguente dei consumi, in particolare di quelli non abitudinari. Nei trimestri successivi si inizieranno invece a vedere gli effetti della crisi geopolitica, ma in questo caso le nostre preoccupazioni prevalenti non sono di certo di carattere economico.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.