Una Pasqua magra, una Pasqua austera per necessità, una Pasqua ancora attanagliata dalla pandemia. La notte sarà lunga, eppure si possono intravedere primi raggi di luce grazie a una campagna vaccinale che sembra aver superato le difficoltà, le lentezze, le confusioni della prima fase. Qualche primula emerge anche dal terreno ghiacciato dell’economia invernale, sono germogli da coltivare con cura senza commettere errori. L’Istat ha comunicato i dati dell’ultimo trimestre 2020 e sono pessimi come sapevamo già: il prodotto lordo è sceso del 9%, il reddito delle famiglie dell’1,8%, i consumi del 2,5%. I depositi in conto corrente hanno continuato a crescere e anche questo è frutto della paura del futuro, che spinge ad aumentare i risparmi precauzionali e a non rischiare. Secondo la Banca d’Italia, del resto, un quinto delle famiglie si attende di guadagnare ancor meno dell’anno precedente. 



La Confindustria ha diffuso le sue stime per il primo trimestre 2021 e sono in chiaroscuro. Si interrompe in marzo la crescita dell’attività produttiva (-0,1%, dopo +0,6% in febbraio e +1,0% in gennaio), ma si stima un incremento dell’1,0% rispetto agli ultimi tre mesi del 2020: “Nonostante l’aumento delle restrizioni in Italia l’industria conferma una buona tenuta, in questa fase sostenuta maggiormente dall’accelerazione della domanda estera”. Le indagini qualitative (Istat e Pmi manifatturiero) mostrano un cauto ottimismo sull’evoluzione della domanda nei prossimi mesi. La fiducia delle imprese manifatturiere è salita di 1,7 punti rispetto a febbraio (a 101,2 valore massimo da luglio 2019), grazie alle più favorevoli attese sulla produzione e sugli ordini; sono, inoltre, migliorate anche le valutazioni sull’andamento corrente e atteso dell’export.



Eccoli i germogli dei quali parlavamo. La ripresa dell’industria verrà soprattutto dalle esportazioni, come sempre, anche perché c’è una sfasatura temporale molto significativa: la domanda interna potrà riprendere solo nella seconda metà dell’anno se davvero usciremo dalla pandemia, mentre altri Paesi si stanno già muovendo, tra questi soprattutto la Germania (+1,4% nel primo trimestre dell’anno rispetto al trimestre precedente) alla quale l’Italia è legata a filo doppio. Nonostante l’impatto pesante della terza ondata e le difficoltà delle vaccinazioni, l’economia tedesca sta uscendo dal tunnel e ciò è destinato a fare da traino alla manifattura italiana. Ma se l’industria ci fa sperare, resta la gigantesca palla al piede dei servizi dai quali proviene il 75% del Pil. 



Il quadro internazionale è senza dubbio il più incoraggiante. Pur se meno del passato, la Cina è tornata a crescere al 6% e a sostenere l’economia mondiale che continua a dipendere in modo rilevante dalla congiuntura cinese. Si parla molto di post globalizzazione, di una catena del valore da ripensare, di regionalizzazione e senza dubbio nei prossimi anni vedremo cambiamenti rilevanti, tuttavia l’economia ripartirà dal passato pre-Covid. La spinta più consistente viene dagli Stati Uniti che, raggiunto un alto livello di protezione vaccinale, sono pronti a correre. 

Due sono le molle pronte a scattare: quella finanziaria e quella politica. L’indice Standard & Poor’s delle 500 principali imprese quotate ha superato per la prima volta quota 4mila, con un aumento del 7% negli ultimi sei mesi mentre il Dow Jones è salito dell’8%. Wall Street insomma si è fatta ancor più ottimista. Intanto l’amministrazione Biden è scesa in campo in modo massiccio: un’iniezione di 1.900 miliardi di dollari per sostenere i redditi e altri duemila miliardi da investire nelle infrastrutture di qui ai prossimi dieci anni. Sono misure destinate a sostenere sia la domanda che l’offerta, una dose da cavallo per un’economia che ha perso il 2,4% in un anno, ma che sta già crescendo del 4,3% nell’ultimo trimestre. 

Gli Usa, dunque, faranno da locomotiva, la Cina continuerà a scambiare una gran quantità di merci con il resto del mondo, la Gran Bretagna è in netta accelerazione grazie al successo nelle vaccinazioni, l’Unione Europea resta agganciata in quarta posizione, con l’Italia tra i vagoni di coda. Può darsi che, come molti sperano, ci sarà un rimbalzo superiore alle previsioni nel prossimo autunno, ma in ogni caso l’economia italiana è piombata nella pandemia quando era già in recessione; sarà impossibile recuperare il Pil del 2019 e comunque quel livello era insufficiente. Ne parleremo nel 2022, se tutto andrà bene. Intanto, dobbiamo sostenere con politiche attente i segnali di vitalità che vengono dal basso. 

Sarà determinante il piano per la ripresa, ma non solo; è importante vedere quante risorse aggiuntive (in debito) verranno messe in campo con il Documento di economia e finanza e come saranno indirizzate e distribuite. Aprile è il mese cruciale per questo, sperando che T.S. Eliot abbia torto e non si riveli il più crudele. Il Recovery plan e il bilancio per il 2022 debbono andare avanti insieme, mano nella mano; entrambi dovranno servire non solo a coltivare, ma a concimare i germogli.

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