Poiché le due variabili chiave per misurare l’andamento del sistema economico in una fase problematica e di grande incertezza come l’attuale sono la crescita reale e la dinamica dei prezzi è sembrato una sorta di spauracchio statistico che l’Istat abbia calendarizzato per lo stesso giorno, il 29 luglio, la pubblicazione delle stime provvisorie tanto del Pil nel secondo trimestre dell’anno quanto dell’indice dei prezzi nel mese di luglio.
Se fossi stato al posto del ministro dell’Economia avrei vissuto questa doppia scadenza con una certa apprensione per poi scoprire che non si è di fronte a due cigni neri, ma a uno bianchissimo, la crescita, e uno appena grigio, i prezzi. Ma questi dati, migliori del previsto, non modificano le prospettive autunnali che restano negative. Siamo sotto un sole estivo prima della tempesta d’autunno?
A maggior ragione se è così, ma anche nel meno probabile caso opposto, è comunque un grosso peccato avere il Governo dimissionario e le Camere sciolte in attesa di nuove elezioni dall’esito incerto. E col nuovo Governo che non si sa quando arriverà, come sarà fatto e come sarà valutato dai mercati. Infatti l’economia, alla pari di un vascello, ha bisogno di essere governata e questo bisogno è tanto maggiore quanto più ci si sta inoltrando in un mare che si prevede tempestoso.
Ma in attesa dell’incerto mare autunnale e del nuovo nocchiero fermiamoci a contemplare le piccole onde statistiche dell’estate, cominciando da quelle più problematiche che riguardano i prezzi. Come sono andati nel mese di luglio?
L’Istat ci dice che il bicchiere è mezzo pieno e mezzo vuoto:
– Nel mese di luglio l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale (il NIC), inclusivo dei tabacchi, ha registrato un aumento su base mensile dello 0,4%, che è minore dello 0,5% del luglio 2021.
– In conseguenza il tasso tendenziale, l’incremento calcolato sullo stesso mese dello scorso anno, si è abbassato al 7,9% dall’8,0% di giugno.
– Vi è dunque un rallentamento dell’inflazione, dopo un anno intero di crescita continua che aveva portato il dato tendenziale a moltiplicarsi per oltre quattro volte (infatti a luglio 2021 era ancora all’1,9% contro l’8% tondo di giugno scorso).
– Cosa ha fatto rallentare l’inflazione in giugno? Indubbiamente i beni energetici regolamentati, i cui prezzi vengono adeguati dall’autorità di regolazione Arera ogni tre mesi. Poiché l’ultimo incremento, ancorché consistente, è stato minore di quello di un anno fa, il loro tendenziale si è abbassato dal +64,3% di giugno al +47,8% di luglio (mentre quello degli energetici non regolamentati è rimasto stabile appena sotto il 40%). Sta dunque frenando, ma appare ben distante dal fermarsi, la principale causa della crescita dell’inflazione nell’ultimo anno.
– Negli altri comparti, tuttavia, continuano a manifestarsi incrementi significativi: i prezzi dei beni alimentari lavorati accelerano dall’8,1% al 9,6%, i servizi di trasporto dal 7,2% all’8,9% e i beni non durevoli, ancorché su cifre più piccole, dal 2,9% al 3,6%.
– Questo ha comportato incrementi consistenti, e tassi di arrivo elevati, per i prodotti ad alta frequenza d’acquisto, che passano dall’8,4% all’8,7%, e, nell’insieme, il cosiddetto “carrello della spesa”, che si porta al 9,1%, registrando un aumento che non si osservava da sette anni.
– L’inflazione di fondo, che esclude i comparti più ballerini degli energetici e degli alimentari freschi, accelera a sua volta dal 3,8% al 4,1%, un dato che non si vedeva dalla metà del 1996.
– Infine l’inflazione acquisita per il 2022, quella che si avrebbe con un indice fermo sino alla fine dell’anno, è pari al 6,7% per l’indice generale e al 3,3% per la componente di fondo.
Riguardo all’inflazione la sintesi è dunque che la sua crescita si è al momento fermata, tuttavia questo arresto vale per le famiglie i cui consumi riescono a includere beni durevoli secondo la composizione del paniere Istat, mentre per le famiglie con minori capacità d’acquisto, e dunque vincolate al carrello della spesa, agli acquisti periodici, l’inflazione è ancora in crescita e purtroppo più alta di quella media.
Esaminate in dettaglio le dinamiche dell’inflazione, in quanto ancora problematiche anche se in misura inferiore al previsto, non ci resta che commentare invece l’ottima stima, ancorché provvisoria, del Pil italiano. Nel secondo trimestre dell’anno l’Istat calcola che il Prodotto interno lordo, espresso in termini reali e corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, sia aumentato di un punto percentuale pieno (+1%) rispetto al trimestre precedente e del 4,6% sullo stesso trimestre dello scorso anno.
La crescita nel trimestre è stata determinata dal lato dell’offerta da un aumento sia nel valore aggiunto dell’industria che in quello dei servizi, i quali hanno più che compensato il calo che ha invece riguardato il valore aggiunto dell’agricoltura, silvicoltura e pesca. Dal lato della domanda essa è invece frutto del contributo positivo della componente nazionale, inclusiva delle scorte, solo in parte attenuata dal contributo negativo della componente estera netta.
Il dato del trimestre è ottimo e migliore di ogni più rosea previsione (ricordiamo che nel primo trimestre la crescita fu solo dello 0,1%, peraltro dopo una stima preliminare con segno negativo, mentre ora sarebbe invece dell’1%). Esso comporta inoltre una variazione acquisita per il 2022, dunque il dato annuo che si avrebbe col Pil reale fermo per tutta la seconda metà dell’anno, del 3,4%, maggiore di tutte le previsioni macro dell’intero anno. Ma, ovviamente, la seconda metà dell’anno potrebbe vedere segni negativi, in particolare il quarto trimestre, e questo ci dice quanto sia stato avventato rinunciare a un Governo nel pieno esercizio delle sue funzioni.
Infine, l’aspetto migliore di tutti: nel II trimestre 2022 il Pil reale dell’Italia ha finalmente superato il livello del IV trimestre 2019, realizzando finalmente un completo recupero degli effetti della pandemia. Esso ora è infatti più elevato dell’1% rispetto al Pil dell’ultimo trimestre ante-pandemia, mentre tre mesi or sono era ancora di pochissimo al di sotto.
Grafico 1 – Pil reale dell’Italia (IV trimestre 2019=100)
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