All’incontro “Politiche e strategie per un lavoro che cambia”, in programma oggi al Meeting di Rimini (Sala Conai A2, ore 17:00), parteciperanno Marina Calderone, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Bernardo Mattarella, amministratore delegato di Invitalia, Eliana Viviano, capo divisione Mercato del lavoro, Dipartimento di Economia e Statistica della Banca d’Italia e Marco Hannappel, presidente e amministratore delegato Philip Morris Italia. A quest’ultimo abbiamo rivolto alcune domande.



Dal suo punto di vista privilegiato, ci può dire come sta cambiando il mondo del lavoro?

Il mondo del lavoro sta vivendo una profonda trasformazione. La penetrazione della tecnologia e la rivoluzione rappresentata dall’intelligenza artificale, la digitalizzazione, l’attenzione alla sostenibilità ambientale e i cambi demografici. Tutti questi fenomeni stanno incidendo sul mondo del lavoro imponendo un profondo cambiamento in quasi tutti i settori. Dobbiamo accompagnare e guidare queste trasformazioni intervenendo in primo luogo sulle competenze sia in ingresso nel mondo del lavoro, sia durante la vita lavorativa. È esattamente quello che stiamo facendo in Philip Morris con l’Institute for Manufacturing Competences, un polo per lo sviluppo di competenze per l’industria 4.0, realizzato grazie a partner di alto profilo come l’Università di Bologna, il Politecnico di Bari, ma anche la platea degli Istituti tecnico-scientifici, aperto non soltanto alle nostre persone ma all’intera filiera produttiva, ai territori in cui operiamo e al mondo della formazione accademica e tecnica, con l’obiettivo di ridurre il gap tra il mondo della formazione e delle imprese.



È vero che per le imprese sta diventando sempre più cruciale attirare e trattenere i collaboratori migliori dotati delle competenze richieste? Se sì, che strategie si possono mettere in campo?

Sicuramente, in un contesto così dinamico e competitivo, le competenze rappresentano uno dei fattori determinanti per il successo di un’azienda. Il lavoro sulle competenze richiede un’azione coordinata e continua in base alla strategia aziendale. Le faccio un esempio: la ricerca, lo sviluppo e la commercializzazione di prodotti tecnologici senza combustione, alternativi alle sigarette, ha imposto all’azienda un cambio radicale nelle competenze richieste in ogni settore dalla ricerca alla manifattura, fino alla parte di vendita. Alcune competenze non le avevamo e le abbiamo dovute prendere da fuori, principalmente dal settore farmaceutico, penso ai ricercatori impegnati nella ricerca scientifica e nello sviluppo dei nuovi prodotti. In tanti altri ambiti, invece, vi è un costante lavoro per mantenere un livello di competenze all’avanguardia in base alle esigenze che via via si vengono a creare. Penso all’intelligenza artificiale in produzione. Oltre a questi interventi vi sono poi le azioni per garantire le migliori condizioni di lavoro ed essere attrattivi per i migliori talenti. Tra queste: la valorizzazione della diversità e dell’inclusione, il benessere dei nostri dipendenti, la mobilità internazionale, una retribuzione equa e competitiva.



Il tasso di occupazione in Italia è cresciuto, ma resta sotto la media europea e ci sono tanti inattivi. Cosa si potrebbe fare a suo avviso su questo fronte?

Come dice lei, l’occupazione è a un livello molto alto, segno di una vitalità del sistema produttivo e sociale italiano che segna tassi di crescita superiore ad altri Paesi europei. Restano però delle fasce di inattivi molto preoccupanti, in particolare i Neet e le donne. Rispetto ai primi credo che serva un lavoro sinergico tra mondo dell’istruzione, società civile e imprese per ridurre il gap di competenze tra domanda e offerta di lavoro. A fronte del numero sempre più ridotto di giovani che si affacciano al mondo del lavoro per via del calo demografico, non ci possiamo permettere una percentuale così alta di inattivi tra i giovani. Occorre agire e subito per inserire questi giovani in un percorso lavorativo o di formazione. Rispetto al lavoro femminile, invece, credo un ruolo cruciale lo svolga il welfare. Non riusciremo mai ad aumentare il coinvolgimento delle donne nel mondo del lavoro se continuerà a essere demandato a loro, e solo a loro, la cura dei figli o dei genitori anziani. Anche in questo caso c’è tantissimo che le imprese, la società civile e le Istituzioni possono e devono fare insieme, in una logica di sussidiarietà.

Lei ha più volte ricordato l’importanza per la nostra economia di investire sulla sua vocazione manifatturiera. Come pensa si stia procedendo su questa importante tematica?

La vocazione manifatturiera e, aggiungo, agricola dell’Italia sono una risorsa preziosa che va preservata e rafforzata per continuare a rimanere una potenza produttiva. Per farlo bisogna investire sulle competenze, sull’innovazione, la ricerca, la digitalizzazione e attrarre sempre di più investimenti esteri a partire dalle multinazionali. I dati del Global Attractiveness Index (GAI) di The European House Ambrosetti confermano, infatti, che le multinazionali estere generano un significativo valore aggiunto nel Paese in termini di investimenti, sviluppo e innovazione, specialmente se inserite all’interno di un contesto di filiera. Una presenza che ha contribuito alla crescita del Paese e lo testimonia anche il GAI: solo nell’ultimo anno l’Italia è cresciuta di tre posizioni rispetto all’anno precedente, registrando una delle maggiori variazioni positive tra i Paesi europei rispetto al 2022.

Cosa si può fare per rendere il nostro Paese sempre più attrattivo per gli investimenti esteri in questa fase complessa per l’economia globale?

L’Italia ha molti punti di forza che la rendono attraente per gli investitori esteri, come la sua tradizione culturale, la sua creatività e il suo spirito imprenditoriale. La stabilità e la continuità di governo hanno un’importanza fondamentale per un investitore, ed è molto importante che la politica valorizzi le specificità del Paese, a partire dalle filiere d’eccellenza. Anche il rapporto pubblico-privato è fondamentale, ed è necessaria un’azione congiunta tra le istituzioni, le imprese e la società civile per incentivare l’innovazione e la creazione di condizioni economiche favorevoli. Parlando della nostra esperienza, tra i fattori che hanno spinto il board di Philip Morris a decidere di investire in Italia ci sono le competenze, le eccellenze del territorio e la possibilità di fare innovazione. Qui in Italia nel 2014 abbiamo investito oltre un miliardo di euro per la costruzione del più grande greenfiled di questo secolo. Un Centro che oggi esporta in 50 Paesi nel mondo e pesa mezzo punto del Pil. Un’altra componente strategica per i nostri investimenti nel Paese è rappresentata dagli accordi di filiera sottoscritti con il ministero dell’Agricoltura e Coldiretti. Il nostro impegno in questo ambito è iniziato a partire dai primi anni Duemila e ha generato investimenti in agricoltura fino a 2,5 miliardi di euro a beneficio della filiera tabacchicola italiana. È così che negli anni abbiamo dato vita a una filiera integrata del Made in Italy che tra agricoltura, manifattura e servizi coinvolge 8.000 imprese italiane e 41.000 persone. Per chiudere il cerchio della nostra filiera abbiamo investito in un importante progetto di riciclo, REC, che punta a riciclare entro quest’anno fino a 500mila rifiuti dei nostri dispositivi senza combustione, con un obiettivo di recupero in media di oltre l’80% delle materie prime presenti nei device.

Come si possono valorizzare le filiere produttive italiane e il loro export nel mondo?

Le filiere produttive italiane sono un patrimonio di valore, che esprime la qualità, la varietà e la competitività dei nostri prodotti nel mondo. L’Italia per il proprio sistema produttivo deve creare delle filiere in grado di agganciarsi alle grandi catene del valore globali ad alto valore aggiunto. Questo è quello che è avvenuto con la filiera dei prodotti tecnologici senza combustione. Il Made in Italy è un marchio riconosciuto e richiesto in tutto il mondo che va difeso e promosso con iniziative imprenditoriali e diplomatiche sinergiche che mirino alla promozione del sistema Paese, valorizzando le eccellenze produttive nazionali.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI