Il Nordest locomotiva d’Italia. E il Veneto locomotiva del Nordest. Non è solo un leit-motiv che accompagna a priori da decenni la fisionomia della produzione del territorio, a volte senza pezze giustificative che avallassero l’entusiasmo. Ma in questa fase di superamento del periodo peggiore della pandemia, proprio il Veneto si sta dimostrando resiliente, dinamico, con capacità e volontà di ripartire, nonostante i due anni di crisi e le nuove congiunture geopolitiche.
Lo confermano gli ultimi dati del Bollettino socio-economico regionale, che aggiorna gli indicatori di congiuntura maggiormente rappresentativi. L’ultima analisi mette in evidenza le stime sul Pil del 2021 e mostra una forte ripresa rispetto allo shock cui è stato sottoposto il sistema economico nel 2020. Tra le regioni italiane, il Veneto, mostra una maggiore capacità di recupero mettendo a segno un +6,9% del Pil nel 2021. E l’anno in corso non ha arrestato la crescita: per questi primi mesi si segnala un +4,2%, con prospettive del +4,9% per i consumi delle famiglie e +8,0% per gli investimenti (ma sono stime redatte pre-conflitto in Ucraina).
Nonostante le forti tensioni internazionali, anche il mercato del lavoro in Veneto continua a registrare segnali di crescita. Nello specifico, l’ultima rilevazione di VenetoLavoro indica nel primo trimestre 2022 un saldo tra assunzioni e cessazioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, a tempo determinato e di apprendistato pari a +23.600 posizioni, un risultato migliore sia rispetto al 2021 (+12.600), che rispetto al 2020 (+1.100). Il bilancio occupazionale del mese di marzo è positivo per 16.000 posizioni lavorative. La crescita dei posti di lavoro riguarda sia i contratti a tempo indeterminato (+10.600) che quelli a tempo determinato (+13.700), mentre il saldo negativo dell’apprendistato (-800) è dovuto alla crescita costante delle trasformazioni a tempo indeterminato. Le assunzioni registrano nel trimestre un aumento del 45% rispetto al 2021 (+63% nel solo mese di marzo) e del 21% sul 2020, toccando nel trimestre quota 152.300. Un terzo dei nuovi contratti riguarda i giovani, che in termini tendenziali registrano la crescita più vigorosa rispetto al 2021 (+47%). Sia sul versante dei saldi che della domanda di lavoro i volumi registrati quest’anno risultano analoghi a quelli del 2019, in periodo pre-pandemia.
L’andamento del primo trimestre è particolarmente positivo per i servizi, con assunzioni quadruplicate nel turismo e raddoppiate nelle attività culturali e nell’editoria. L’industria, trainata da occhialeria, calzature, macchine elettriche e mezzi di trasporto, registra un aumento delle assunzioni del 37% e un bilancio positivo per oltre 10 mila posizioni lavorative. Le assunzioni in agricoltura, settore condizionato da fattori esterni alle logiche di mercato, segnano invece un -9% sul 2021.
L’andamento settoriale si riflette anche in quello territoriale: le province a maggior vocazione turistica, quali Verona e Venezia, registrano i saldi occupazionali più positivi (rispettivamente +7.800 e +7.100 posizioni lavorative dipendenti). Segno più anche per Padova (+3.700), Treviso (+2.600) e Vicenza (+2.100), mentre Rovigo, pur in terreno positivo per 1.900 posizioni lavorative, risente della caratterizzazione agricola del territorio. In negativo Belluno (-1.600), dove però il primo trimestre dell’anno è strutturalmente caratterizzato dalla chiusura dei contratti stagionali legati al turismo invernale.
Le cessazioni sono state nel trimestre complessivamente 128.700 (+39%), la maggior parte delle quali relative alla chiusura di tempi determinati o dimissioni, che nel periodo gennaio-marzo sono aumentate del 52%. “Un incremento – riposta il bollettino di VenetoLavoro – che sembra dovuto alle possibilità di ricollocazione offerte dal mercato del lavoro e alla propensione di molti lavoratori a trovare occasioni di impiego che più soddisfano le loro aspettative”. Raddoppiano i licenziamenti, che rappresentano tuttavia una quota marginale rispetto al totale delle cessazioni (5%), ma nel confronto con il 2021 va considerato che allora vigeva ancora il blocco. Aumentano gli ingressi in stato di disoccupazione (+9%), non tanto quale sintomo di difficoltà occupazionali, ma come conseguenza di una rinnovata vivacità del mercato del lavoro e di una maggiore fiducia sul mercato del lavoro dopo due anni di pandemia. L’aumento maggiore si ha infatti nelle province in cui si è osservato il miglior risultato occupazionale del trimestre, ovvero Venezia e Verona (+17% di dichiarazioni di disponibilità Did).
“Se, quindi, il clima di crisi dovuto alle conseguenze del conflitto in Ucraina, all’aumento dei costi, alla carenza di approvvigionamenti, alla spinta inflazionistica, non sembra ancora aver avuto effetti diretti sui livelli occupazionali, tanto a livello regionale quanto nazionale, le previsioni economiche sono orientate a un ridimensionamento della crescita del Pil, ora stimata attorno al +2% a fronte del +4% e oltre di alcuni mesi fa. Ciò significa che il raggiungimento sufficientemente stabile dei valori pre-Covid slitterebbe al 2023”.
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