“Make Europe Great Again” sarà il motto, liberamente ispirato a quello della campagna presidenziale trumpiana, della prossima Presidenza ungherese del Consiglio dell’Unione europea che inizierà domani, 1° luglio. Una presidenza che viene descritta, almeno dal Governo di Budapest, come attiva e, addirittura, proattiva. Si delinea, nello specifico, un’ idea di Europa in cui i diversi Stati membri sono più forti insieme che separati e si scommette sul fatto che il nostro continente possa diventare un attore globale maggiormente protagonista nel mondo.
Con questa premessa, e visto anche il delicato momento che sta vivendo la politica europea chiamata alla definizione della“nuova” Commissione europea di Ursula von der Leyen, il Paese guidato dal, nelle migliori delle ipotesi, eterodosso Orban è chiamato alla presidenza dell’Unione.
La presidenza del Consiglio è esercitata, è utile ricordare, a turno dagli Stati membri dell’Unione europea con una durata di sei mesi. Durante ciascun semestre, lo Stato designato presiede le riunioni a tutti i livelli contribuendo a garantire la continuità dei lavori in seno al Consiglio dell’Unione.
La presidenza ha il compito, in particolare, di portare avanti i lavori del Consiglio sulla normativa dell’Unione europea, garantendo la continuità dell’agenda, il corretto svolgimento dei processi legislativi e la cooperazione tra gli Stati membri. A tal fine, la presidenza deve agire come un mediatore leale e neutrale
Andando poi sui punti caratterizzanti il profilo politico, e l’agenda, della presidenza ungherese, il punto, probabilmente, più significativo è quello di immaginare un nuovo “patto” europeo sulla competitività.
Si ritiene, infatti, che, nell’attuale contesto internazionale, caratterizzato da molteplici sfide, l’Europa sia in ritardo rispetto ai suoi concorrenti globali, e che sia, quindi, fondamentale migliorare la produttività e di conseguenza la competitività dell’Unione e dei suoi Stati membri stimolando così la crescita.
Si sostiene, quindi, che sia nel comune interesse dei diversi popoli europei affrontare insieme gli effetti delle difficili vicende economiche degli ultimi anni, come l’elevata inflazione, l’aumento del debito pubblico, gli alti prezzi dell’energia, la frammentazione delle catene di approvvigionamento internazionali, la minore produttività europea e una crescita economica più lenta rispetto ai Paesi nostri principali concorrenti per riportare l’economia dell’Unione su una traiettoria ascendente.
Come sempre, però, in questi casi, i buoni propositi devono poi trasformarsi in buone, e concrete, proposte e misure. Solo alla fine, insomma, potremmo dire se l’economia europea sarà più forte e più grande, come promesso dal Premier Orban, seguendo la ricetta ungherese e se vi sarà, come tutti si auspicano, alla fine di questi sei mesi, più “Pace e Lavoro” per tutti i cittadini europei.
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