Il presidente francese Emanuel Macron ha comunicato ai francesi, ma fondamentalmente a tutti noi, che siamo in guerra. Una guerra, quella globale al coronavirus, un po’ particolare che, infatti, non si combatte né sul Piave, né a Stalingrado, ma, più “eroicamente”, restando a casa, con figli, consorte e magari la suocera, non lavorando, o facendolo in modalità smart e agile per chi può, e limitando al minimo i contatti e gli spostamenti.
Per combattere servono, quindi, pazienza, strutture per gli ospedali e le rianimazioni per provare a salvare più vite possibili, ma anche “medicine” economiche per i lavoratori e le imprese italiane colpite, come quelle di tutte il mondo, dal virus che viene dalla Cina.
In questo quadro, dopo gli interventi più strettamente sanitari, il “Gabinetto di guerra” guidato dal professor Conte è stato chiamato a mettere sul campo di “battaglia” misure per l’economia con l’approvazione del Decreto “Cura Italia” del quale, è corretto precisare, al momento della scrittura dell’articolo non è ancora disponibile il testo “ufficiale”, in attesa della bollinatura della Ragioneria dello Stato, ma solo di bozze, più o meno ufficiose, che come sempre sono uscite dalle segrete stanze.
Tra i vari provvedimenti bisogna sottolineare quelli in maniera di politiche (molto poco attive) per il lavoro che si propongono di garantire, nei prossimi mesi, un reddito a molte persone che sono, o potrebbero esserlo senza interventi dell’esecutivo, senza lavoro o comunque con entrate molto limitate.
In considerazione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, ad esempio, a decorrere dal 23 febbraio 2020 e sino al 1° giugno 2020, il decorso dei termini di decadenza relativi alle prestazioni previdenziali, assistenziali e assicurative erogate dall’Inps e dall’Inail, è sospeso di diritto.
Ferma restando, poi, la fruizione dei benefici economici, considerata la situazione di emergenza sul territorio nazionale relativa al rischio di diffondersi del virus Covid-19, e al fine di limitare gli spostamenti delle persone fisiche ai casi strettamente necessari, sono sospesi, almeno per ora, per due mesi, dall’entrata in vigore del decreto, gli obblighi connessi alla fruizione del reddito di cittadinanza, ma anche Naspi, Dis-coll e integrazioni salariali, relativi alle misure di condizionalità e sono sospese, nella stessa prospettiva, le convocazioni da parte dei Centri per l’impiego per la partecipazione ad iniziative di orientamento.
L’amara medicina, insomma, prevede il congelamento, di fatto, delle tanto citate, e non sempre realizzate con la stessa intensità, politiche attive del lavoro. La scelta è, senza dubbio, comprensibile nell’interesse alla salute dei beneficiari delle misure, a vario titolo, di sostegno, ma anche, altrettanto, di quella degli operatori. Tuttavia questa situazione non potrà durare per molto e, anzi, nel nuovo quadro post-coronavirus, sarà necessario mettere in campo nuovi strumenti sempre più “smart” per favorire l’inserimento, e soprattutto il reinserimento, nel mercato del lavoro dei soggetti più deboli magari perché low skilled o “meno giovani”.
La speranza è che questi due mesi di necessario, e forzato, stop facilitino la riflessione sul cosa fare quando il sistema, debellato il virus, ripartirà. Potrebbe essere utile, in questi giorni di riposo obbligatorio, darsi anche alle buone letture dei classici, quali il professor Marco Biagi, di cui domani ricorre il diciottesimo anniversario dell’efferato omicidio, per capire come aggiornare e portare nel mondo di oggi la loro lezione, e i loro insegnamenti, quasi come fossero sempre accanto a noi a combattere questa nuova battaglia.