I dati diffusi la scorsa settimana da Eurostat sull’andamento dell’economia europea nel terzo trimestre dell’anno (crescita dello 0,1% per l’Ue e decrescita dello 0,1% per l’Eurozona) hanno fatto emergere un incremento della distanza tra le due sponde dell’Atlantico, visto che nello stesso periodo negli Usa il Pil ha fatto segnare un +4,9%. Mario Deaglio, Professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino, evidenzia che comunque «negli Stati Uniti si cominciano a vedere i primi segnali di rallentamento, come il lieve aumento della disoccupazione a ottobre. Certo, ora si avvicina il Black Friday che è un appuntamento molto importante anche per le strategie relative a produzione e scorte delle imprese, oltre che per gli acquisti pre-natalizi. Non ci sono, quindi, indicazioni chiarissime, anche se è innegabile che gli Stati Uniti stiano andando meglio dell’Europa».



Anche per merito degli ingenti programmi fiscali varati dall’Amministrazione Biden…

Sì e tra questi vi è l’Inflation Reduction Act, che sta facendo crescere in prospettiva il numero di siti produttivi in territorio americano. L’Ue ha da poco avviato il Carbon border adjustment mechanism che imporrà dazi specifici sulle importazioni di beni prodotti con alte emissioni di CO2. Si tratta in entrambi i casi di misure protezionistiche, ma gli Stati Uniti hanno dalla loro una popolazione più giovane e un’economia con meno remore burocratiche alla crescita, mentre l’Europa sconta un problema non certo irrilevante.



Quale?

Il suo Paese leader, anche se economicamente meno forte di prima, ovvero la Germania, non pare avere una strategia chiara, anche a causa di una coalizione di governo piuttosto eterogenea. C’è, quindi, un quadro incerto di un’economia europea che non ha un vero percorso definito.

A parte quello che mira alla transizione green.

ì, ma non c’è un vero dibattito su come dovrebbe essere l’economia europea tra 20 anni, quali settori è opportuno favorire e quali no. È anche per questo che il continente è in panne.

Oltre ai dati sul Pil, Eurostat ha diffuso anche quelli sull’inflazione di ottobre, in calo al 2,9% dal 4,3% del mese precedente. A questo punto la Bce rivedrà la rotta sui tassi?



Si tratta certo di un calo importante, ma anche non in linea rispetto dall’andamento normale della serie statistica: variazioni così importanti, infatti, non sono ordinarie. Penso sia ancora presto per poter dire se la Bce cambierà rotta, anche se è verosimile pensare che a dicembre lascerà ancora i tassi invariati.

I prossimi dati sull’inflazione saranno, quindi, cruciali.

Sì, in particolare sarà importante vedere cosa accadrà all’inflazione una volta passato il periodo natalizio e quale sarà l’andamento dei prezzi energetici durante l’inverno. Ovviamente sarà anche interessante monitorare la domanda delle famiglie per capire quale apporto potranno dare i consumi alla crescita dell’economia.

Visto questo quadro, non converrebbe prorogare la sospensione delle regole del Patto di stabilità e crescita piuttosto che rischiare che ritornino in vigore quelli pre-vigenti o che venga raggiunto un compromesso al ribasso sulla loro riforma?

Sulla riforma del Patto di stabilità e crescita si nota, purtroppo, la mancanza di segnali da parte di Bruxelles, mentre su altri temi mostra attenzione, a volte anche troppa, come nel caso della politica estera, dove recentemente si è visto quasi un disallineamento tra l’Alto rappresentante per gli Affari esteri Borrell e la Presidente della Commissione von der Leyen, tanta è stata la fretta di quest’ultima di prendere posizione sulla guerra Israele-Hamas.

Come ha lasciato intendere il commissario agli Affari economici Gentiloni, Bruxelles vorrebbe che si raggiungesse un accordo prima della fine dell’anno…

Sì, la volontà sembra essere quella. Ma è ancora presto per capire se tutti i Paesi saranno disposti alle rinunce e alle concessioni necessarie a trovare un accordo sulle regole fiscali dei prossimi anni.

(Lorenzo Torrisi)

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