Fare dell’opzione ambientale una carta vincente per l’Italia che più di ogni altra nazione, in Europa e forse nel mondo, offre le caratteristiche giuste per riuscire nell’impresa. A patto che si getti via ogni residua tentazione di tornare al bel tempo antico (che per gli antichi tanto bello non dev’essere stato se si sono così tanto dati da fare per progredire) e si accetti la sfida di una crescita basata sullo sviluppo virtuoso della tecnologia.



Questo, in sintesi, il messaggio lanciato in un interessante webinar organizzato dall’associazione Merita (che fa capo all’ex ministro della Coesione Claudio De Vincenti) e dalla fondazione Matching Energies (presieduta dall’imprenditore Marco Zigon) sulla Scossa da dare al Paese attraverso l’impiego di un’energia pulita, verde e sostenibile. E di una Scossa il Paese ha veramente bisogno per uscire dal pantano dell’indecisione.



Decisiva la qualità del parterre. Sul tema, il primo di una serie, si sono confrontati l’amministratore delegato dell’Enel Francesco Starace, il numero uno della Snam Marco Alverà, il presidente di Symbola Ermete Realacci, la direttrice del centro studi Utilitatis Francesca Mazzarella, l’ex responsabile dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas Pippo Ranci e un molto in palla ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi.

Visione e concretezza. Da una parte la necessità di individuare la traiettoria che ci porti nel più breve tempo possibile a disegnare un nuovo paradigma economico – reso ancora più urgente dall’impatto di una società già in crisi di per sé con il Covid e le sue conseguenze -, dall’altra il bisogno di restare ancorati alla realtà di tutti i giorni con scelte e decisioni coerenti con l’obiettivo attraverso la costruzione di una sensibilità comune.



Per superare il pregiudizio occorre preparare il giudizio dell’opinione pubblica – in questi casi di fondamentale importanza – e, soprattutto, scongiurare la deriva semplicistica di una decrescita che può essere felice solo a parole. Per riuscirci occorre stimolare la diffusione delle competenze specifiche, puntare a un nuovo modello formativo, costruire un linguaggio comune che rinunci alla vuota suggestione della retorica.

Il punto è riempire di contenuti condivisi e ambiziosi (non velleitari) la cornice del Green New Deal individuato dall’Europa come motore di una crescita sostenibile e inclusiva che in Italia può avere il suo propulsore in quel Mezzogiorno alla perenne ricerca di ruolo e riscatto. A partire da una nuova considerazione della qualità della vita, che l’emergenza sanitaria ha riabilitato, è qui che si concentrano le maggiori condizioni di favore.

Dunque, dall’energia nuova può scaturire la nuova energia per ripartire. Istruzione da una parte e investimenti dall’altra come facce della stessa medaglia. Mettersi alla testa di un cammino che vede il Paese in posizione avanzata anche se non ne ha la percezione e, anzi, si attarda a compatirsi invece di reagire. Dare lustro e prospettiva a una filiera industriale di tutto rispetto che va reinterpretata e non smantellata.

La risposta al catastrofismo è questa. Ed è anche l’unico modo per mantenere vivo e alimentare il valore del lavoro che non si può difendere per decreto nemmeno quando animati dalle migliori intenzioni. Per andare avanti ci vuole coraggio e visione. E alleggerire il carico che inutilmente, dannosamente, grava sulle spalle di chi accetta la sfida e vorrebbe mettersi a correre. Poche regole, certe, e campo sgombro dagli ostacoli.