Mercoledì 19 febbraio, parlando con i giornalisti: “Siamo in questi giorni concentrati sull’azione di governo, i titoli dei giornali non mi appassionano. La notizia è che vi sorprenderemo perché nei prossimi giorni ci sarà una cura da cavallo per il sistema Italia. Non possiamo essere fanalino di coda. Dobbiamo tutti lavorare per far crescere l’Italia”. Giovedì 20 da Bruxelles: “Farò delle comunicazioni al Parlamento, ho già dato mandato al ministro per i Rapporti con il Parlamento di preannunciare ai presidenti un mio passaggio alle Camere dove annuncerò le riforme da attuare: sarà l’occasione per formalizzare l’Agenda 2023”. Nei giorni in cui si incrociavano le lame con Matteo Renzi (con il quale tuttavia si vedrà la prossima settimana), il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, rispondeva respingendo l’immagine di una maggioranza litigiosa e polemica: “La realtà è stata un po’ diversa – ha dichiarato il premier -. Il governo, in questi giorni è sempre stato operoso” e “siamo molto concentrati su quelle che sono le esigenze del paese”. Finora, però, dell’ormai famosa Agenda 2023 si sa ben poco, al di là dei titoli degli otto tavoli di lavoro (Occupazione e politiche di welfare; Crescita e sviluppo sostenibile; Semplificazione normativa e burocratica e Riforma fiscale; Sicurezza e immigrazione; Salute; Scuola, Università, Ricerca e Innovazione digitale; Europa e Riforme; Riforme giustizia). Come sarà questa cura da cavallo? Riuscirà davvero a rianimare la comatosa crescita del paese? O non rischierà, come già precedenti esperienze dimostrano, di azzoppare ancor di più la corsa di quello che oggi appare più un ronzino che un destriero? Lo abbiamo chiesto all’economista Nicola Rossi.
A sentir parlare di cure da cavallo vengono alla mente esperienze passate le cui terapie non si sono dimostrate nel tempo delle vitamine miracolose. La più recente risale al 2011 con il governo Monti, ma ancora più indietro nel tempo si possono citare la maxi-Finanziaria 1992 del governo Amato o le manovre nell’era Prodi per cercare di entrare nell’euro rispettando i parametri di Maastricht. Non corriamo il rischio che la cura da cavallo produca l’effetto opposto?
Penso di no. Innanzitutto perché ritengo che lo stesso presidente del Consiglio si riferisse a una cura da cavallo per sostenere l’economia in un momento difficile, che potrebbe diventare ancora più difficile di quanto non sia oggi. Ma soprattutto penso che non corriamo questo rischio perché, con tutto il rispetto per Conte, non siamo al cospetto di una figura paragonabile ai presidenti del Consiglio che lei ha citato. In momenti difficili sono stati capaci di prendere decisioni molto difficili.
E ora?
La situazione mi sembra di tale debolezza politica e di tale debolezza dello stesso presidente del Consiglio che onestamente vedo difficile il paragone.
Conte ha dichiarato: “E’ un’emergenza nazionale: quando ragioniamo di emergenza riusciamo a esprimere le nostre forze al meglio”. L’Italia però è un paese in emergenza da troppi anni, l’emergenza è la normalità, non crede?
Credo che siano frasi buone per i talk show. La realtà dei fatti ci dice che il 2020 è perso. E’ già tutto scritto.
Perché?
Il tasso di crescita quest’anno sarà molto basso, e spero veramente che non sia così basso come potrebbe essere per una serie di difficoltà. Ci trascineremo da qui a settembre sostanzialmente domandandoci come faremo a rinnovare le cambiali che abbiamo rinviato lo scorso anno. Mi sembra che il ministro Gualtieri, saggiamente ma al tempo stesso chiarendo come stanno le cose, cominci a mettere le mani avanti e a dire che la riforma fiscale alla fine si potrà fare in due-tre anni, se non in quattro. Insomma, stiamo dando alle parole di Conte un’importanza che onestamente credo non meriti.
Lei prevede che a fine 2020 il tasso di crescita dell’Italia potrebbe essere anche più basso del +0,3% stimato dalla Commissione Ue?
Temo che finisca per essere un limite inferiore, perché siamo entrati male nel 2020, la questione coronavirus non sappiamo ancora quanto effettivamente peserà, ma potrebbe avere conseguenze più profonde di quanto ci immaginiamo ora, e la congiuntura economica internazionale non aiuta più di tanto. Soprattutto ci portiamo appresso i problemi strutturali del paese, che i due governi presieduti dall’attuale presidente del Consiglio nulla hanno fatto per cercare di risolverli. Anzi, per certi versi li hanno peggiorati.
Può citare qualche esempio?
Nella presente legislatura questo paese, che già non brillava sotto questo aspetto, ha fatto dell’incertezza del diritto uno dei suoi punti di riferimento. Questo è un tema fondamentale: noi ci domandiamo spesso perché non si investe in Italia, ma chi mai potrebbe venire a investire in un paese che cambia spesso le regole e le cambia retroattivamente? Potrei citare, inoltre, alcuni provvedimenti presi in questi due anni, come quota 100, che si poteva tranquillamente evitare, o come il reddito di cittadinanza, che è stato varato male e in fretta. Oppure la legge sulla crisi d’impresa, che è una sorta di bomba piazzata sotto il nostro sistema produttivo, perché è stata fatta senza conoscere la realtà in cui si andava ad applicare. Se penso, poi, alla prescrizione, lì abbiamo toccato uno dei valori di fondo di una democrazia liberale: i limiti all’esercizio dell’attività dello Stato. E potrei continuare. Insomma, temo non ci sia moltissimo da salvare.
Il cahier de doleances è ampio, ma il governo giallo-rosso, proprio con l’intento di porvi rimedio, ha dato vita agli 8 tavoli della cosiddetta Agenda 2023. Per ora abbiamo solo i titoli. E sui contenuti? Da quel poco che si sa finora, possono emergere soluzioni efficaci, tenuto conto che il Conte 2 si dimostra ogni giorno più litigioso e incerto?
Mi auguro di sì, ma ho l’impressione che l’unica contenta di questi tavoli sia Federlegno, perché vede questi tavoli ripetersi regolarmente ogni due-tre anni, ma poi regolarmente non producono mai granché…
Tra i temi meglio delineati, pur se ancora con una certa indeterminatezza, c’è il tavolo sul fisco. Si va verso la riforma dell’Irpef e la rimodulazione dell’Iva?
Quello del fisco è un buon esempio di come si muove questo governo: si è passati dall’ampia riforma annunciata qualche settimana fa, alla riforma di 15 giorni fa e oggi sostanzialmente si sta parlando solo di due ambiti: il trattamento delle famiglie e gli incapienti. Misure importanti e utili, ci mancherebbe, ma sono una piccola cosa rispetto a ciò che il nostro sistema fiscale avrebbe bisogno. Evidentemente la forza politica della maggioranza di governo è tale che più di così non si può fare. Ogni giorno avvertiamo scricchiolii aggiuntivi, difficile realizzare una riforma fiscale ampia in queste condizioni. Il presidente del Consiglio può parlare di cure da cavallo, ma ritengo che sia una cura da cavallo solo per la tenuta del governo, non certo per il paese.
Il suo timore è che negli otto tavoli, come dice il proverbio, la montagna partorisca solo dei topolini?
No, anzi. Come spesso accaduto in passato, dai tavoli uscirà una serie di bellissime idee. Ma temo che rimarranno nei cassetti, perché per trasformare le belle idee in provvedimenti legislativi e per renderle poi efficaci, c’è bisogno di volontà politica, di forza e competenza del governo, di capacità amministrativa. Sono tutte qualità che, se si guarda agli ultimi due anni, si fa fatica a pensare siano oggi disponibili in quantità abbondanti.
E sulla proposta avanzata da Renzi di nominare 100 commissari per aprire 100 cantieri già finanziati, che ne pensa?
E’ una proposta molto utile e ragionevole. Ma il punto è un altro: così si sta sostanzialmente ammettendo che le procedure ordinarie che questo paese si è dato per realizzare le opere pubbliche non vanno bene. Vogliamo nominare i 100 commissari? Facciamolo, ma nel frattempo dedichiamo un po’ di tempo a rivedere quelle procedure ordinarie.
Per fare una cura da cavallo servono le risorse, ma dove trovarle? Con la crescita bassa e i saldi di finanza pubblica in peggioramento non abbiamo di che largheggiare…
Non ne abbiamo affatto.
Quindi l’annuncio di Conte rischia di sgonfiarsi davanti alla dura realtà dei numeri?
Voglio essere chiaro: volendo, potremmo tranquillamente trovare le risorse, per esempio, rivedendo seriamente la spesa e ripensando ai meccanismi del finanziamento pubblico. Sono tante le misure che si potrebbero adottare. Ma oggi non ne abbiamo affatto di risorse, perché ancora una volta, a questa legislatura, mancano la volontà politica, le competenze e il coraggio.
(Marco Biscella)