Nessun gaudio ma solo mal comune. I dati diffusi ieri da Eurostat hanno certificato, almeno in sede di stima, un generalizzato rallentamento economico dell’intero Vecchio continente e più in particolare del suo più circoscritto cuscinetto rappresentato dall’insieme dei Paesi appartenenti all’Eurozona o cosiddetta “Euro area 20”.
Guardando alla variazione percentuale del Pil del terzo trimestre dell’anno le principali economie accusano una diminuzione dello 0,1%, mentre, l’intero territorio (rif. Ue) replica attraverso un modesto +0,1%. Nonostante in termini assoluti il valore sia esattamente l’opposto è l’intero conquibus a far decisamente pensare. Un bottino misero, un piatto molto scarno, privo di sostanza che neppure il più avido e spregiudicato giocatore di poker vorrebbe tra le sue fiches. Un gioco a vera somma zero.
E tra le pieghe di questa modesta performance, a far da capofila, possiamo vedere l’eterna e ormai dimenticata Germania. Ovviamente ci sono altre nazioni che si caratterizzano per questa negativa tendenza, ma, nel più ristretto e ricercato club dei migliori, l’ex locomotiva d’Europa sembra voler arrestare il proprio futuro sul binario della mai pronosticata recessione.
I numeri, i suoi numeri, parlano chiaro: da inizio anno i trimestri che finora si sono succeduti hanno visto un costante perdurare in area zero. Zero a fine marzo, un altro zero ma arricchito da un decimale (0,1%) a fine giugno e, infine, il dato di pochi giorni fa con l’ennesimo zero, ma, contraddistinto dal segno meno (-0,1%). Un tocco bohémien.
A queste rilevazioni è pressoché inutile gioire poiché “l’effetto contagio” è direttamente correlato con casa nostra. Infatti, seppur di entità diverse (ma con saldi simili), anche l’Italia naviga – decisamente – a vista: con il suo zero in condotta del terzo trimestre fa seguito al brutto -0,4% registrato a metà anno dopo l’inaspettato exploit di inizio anno (rif. +0,6% del I trimestre). Fatte le dovute proporzioni, a confermare l’infausto destino per coloro che “siedono” vicino al malessere germanico, è il caso dell’Austria che, nell’ultimo semestre, archivia variazioni percentuali particolarmente significative (-0,8% e -0,6%).
La Germania, in solitaria, si presenta come primo potenziale malato d’Europa. Il rapporto dell’Ufficio federale di statistica Destatis evidenzia, riportando, i primi segnali del malessere in atto: i consumi delle famiglie hanno subito una flessione e, a tale debolezza, nulla ha potuto fare l’intero ammontare degli investimenti fissi (lordi) in macchinari e attrezzature. A margine, sempre in veste di zavorra, anche il costo dell’energia si è ripresentato a far breccia negativa tra i conti e, per fine anno, le prospettive appaino alquanto precarie e a tinte fosche.
A Berlino gli umori rasentano la rassegnazione, infatti, nei primi giorni di ottobre le stime vedevano una contrazione del Pil pari allo 0,4%. A confermare questa tesi recessiva è giunto lo stesso Fondo monetario internazionale che, in maniera leggermente più ampia, quantifica il tutto mediante la previsione di un -0,5%. Se così fosse, la locomotiva d’Europa arresterebbe la propria corsa su un binario all’apparenza gravemente ferito (morto appare eccessivo). I dati delle prossime settimane potranno ulteriormente confermare (o smentire) questo potenziale epilogo, ma è opportuno sottolineare come, accanto al suddetto binario, sono anche presenti altrettanti affini “parcheggi”: al momento vacanti, ma, all’occorrenza facilmente raggiungibili e impiegabili. La stazione Europa accoglie tutti i Paesi, nessuno escluso. All’orizzonte nessun capostazione e nessun passaggio a livello. Strada libera. Prescindendo dalla destinazione di ciascuno, la fermata, sembra essere obbligatoria. Tutto libero. Procedere lentamente.
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