I dati sul Pil europeo nel primo trimestre hanno sorpreso al rialzo con una crescita annuale dello 0,4% rispetto ad attese di un miglioramento dello 0,2%; anche l’inflazione europea “core” di aprile (+2,7%) ha sorpreso al rialzo rispetto ad attese che di fermavano al 2,6%. Il dato positivo è la sorpresa sul Pil, quello negativo è che il processo di riduzione dell’inflazione rallenta; il risultato è che i rendimenti delle obbligazioni europee, incluso il decennale italiano, sono saliti. Dagli Stati Uniti, nel frattempo, continuano ad arrivare segnali di tenuta dei prezzi; ieri, per esempio, l’indice sul costo del lavoro nel primo trimestre ha fatto segnare un incremento dell’1,2% contro attese dell’1%. Il ciclo di allentamento della politica monetaria in cui, in qualche modo, siamo già entrati potrebbe essere diverso da quelli a cui ci si è abituati; non è chiaro quanto sarà lungo e profondo perché i prezzi rallentano meno del previsto.



La sorpresa del Pil europeo e della tenuta dell’economia americana non è un mistero senza soluzione per gli investitori. Prendiamo a esempio, ancora, quanto scritto da Bank of America alla fine di settimana scorsa: “eccessi fiscali = nessun rallentamento = inflazione = calo delle obbligazioni”. Il mistero della tenuta economica americana e di rimando di quella europea, nonostante la crisi energetica e le tensioni geopolitiche, origina dal deficit di Washington che rimane a livelli superiori a qualsiasi altra fase che non abbia coinciso o con una guerra o con una pandemia o con una recessione. La media del deficit americano degli ultimi quattro anni è stata del 9%; con deficit a questi livelli l’economia tiene. La questione non banale che si apre è se la tenuta dell’economia sia una funzione della crescita o dell’inflazione.



Dentro l’eurozona l’Italia spicca tra le maggiori economie europee. L’inflazione francese per il mese di aprile, comunicata ieri, sorprende al rialzo, mentre quella italiana è in calo rispetto al mese precedente e inferiore alle stime. L’Istat a proposito del dato sul Pil del primo trimestre comunicato ieri, che ha sorpreso al rialzo, segnala che: “Dal lato della domanda, si rileva un contributo negativo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un apporto positivo della componente estera netta.” Gli incrementi salariali in Italia, come segnalato negli ultimi trimestri anche dai dati Bce, sono stati inferiori rispetto alle altre maggiori economie europee. Il “buon” dato sull’inflazione italiana è un’anomalia derivante dal minor potere d’acquisto dei salari delle famiglie; questo spiega anche la fretta di Roma per il taglio dei tassi della Bce. Da questa parte delle Alpi è più urgente perché diventa l’unico modo per risollevare le finanze degli italiani e per controbilanciare una crisi energetica peggiore di quella spagnola o francese.



Se la crescita continua grazie al deficit americano la questione diventa chi si può permettere di fare deficit e chi riesce a contenere la salita dei prezzi, dalle forniture energetiche fino alle componenti e alle materie prime che alimentano le catene di fornitura. Questa è la questione chiave in un possibile scenario di stagflazione. L’altra questione è il mercato delle obbligazioni perché, a differenza degli anni ’70, i mercati sono molto più connessi e liquidi e le fughe di capitali più facili.

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