Secondo indiscrezioni riportate da Bloomberg, nel Documento di economia e finanza che verrà approvato entro metà aprile il Governo si appresta a inserire una previsione di crescita del Pil dell’1% per quest’anno. Si tratta di un dato inferiore alla stima precedente (+1,2%), risalente all’anno scorso, ma superiore a quelle di diversi centri studi e istituzioni nazionali e internazionali (la Banca d’Italia prevede un +0,6%, la Commissione europea un +0,7%). Se le indiscrezioni della nota agenzia finanziaria internazionale fossero confermate, l’Esecutivo peccherebbe di eccessivo ottimismo? Secondo Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, «una crescita dell’1% si collocherebbe in un trend recente, considerando che il 2023 si è chiuso al +0,9%, quindi, rebus sic stantibus, è una stima plausibile. Mi vien da dire che potrebbe essere possibile aggiungere qualche decimale. In ogni caso è una previsione che aiuta anche sul fronte del clima di fiducia, visto che in questo periodo abbondano le notizie non positive».
Pensa che l’Italia possa crescere dell’1%, o anche di più, nonostante la crisi persistente della Germania?
La situazione europea in generale non è così favorevole come avrebbe potuto essere, ma possiamo tentare di riuscire a raggiungere e se possibile anche superare quest’anno l’obiettivo dell’1%, tramite un aumento della produttività e del potere d’acquisto delle famiglie.
Partiamo dalla produttività. Perché è così importante per la crescita e come la si può incrementare?
Negli Stati Uniti il Pil cresce più che in Europa e questo si deve anche a un incremento della produttività, spinto da una dinamica positiva per gli investimenti innovativi. Sarebbe, quindi, importante che anche nel nostro continente si potesse attivare questo motore di sviluppo, nonostante le nubi all’orizzonte che appaiono poco promettenti.
Per aumentare la produttività in Italia sono, quindi, fondamentali gli investimenti pubblici, come quelli del Pnrr, ma anche quelli privati devono fare la loro parte.
Assolutamente. Certo, come ho avuto modo di spiegare in precedenti interviste, un taglio dei tassi di interesse da parte della Bce potrebbe rimuovere un ostacolo agli investimenti privati. Tra l’altro, gli investimenti, sia pubblici che privati, possono consentire un ulteriore miglioramento del clima del mercato del lavoro, ma soprattutto dei redditi. In questo modo, si finirebbe poi per favorire una ripresa del potere d’acquisto delle famiglie.
C’è qualche altra misura che si può mettere in campo proprio per incrementare il potere d’acquisto delle famiglie?
Da una parte, come ha detto anche il Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, l’inflazione sta scendendo e a livello internazionale è stata anche superata una catena di piccoli shock senza che ci fossero segnali di un nuovo rialzo strisciante dei prezzi. Dall’altra, occorre che i posti di lavoro siano ben retribuiti e questo può essere facilitato da un incremento della produttività.
Se, quindi, il Governo nel Def indicasse una crescita dell’1% per quest’anno non peccherebbe di ottimismo?
Questo “ottimismo” non è un fatto di Governo o di colore politico, ma risponde a una situazione che anche dal punto di vista internazionale, al momento, non è così critica. Se proseguirà la discesa dell’inflazione, vista anche la stagione estiva alle porte, la crescita dell’1% potrebbe essere effettivamente raggiunta.
Il Def sarà importante anche sul fronte della finanza pubblica. È vero che lo spread è in riduzione, che è alta la domanda di titoli di stato italiani, ma occorre comunque ridurre il defict…
Sì. Indubbiamente questa liquidità che si riversa sui titoli di stato italiani implica una prospettiva e una fiducia che non può che fare bene all’economia. Certo quello di far quadrare i conti pubblici non è un compito facile, ma può essere agevolato da una crescita del Pil tramite un aumento dei redditi delle famiglie. Sarebbe bene, quindi, che anche a livello politico si perseguisse questo obiettivo che aiuterebbe l’aumento della domanda aggregata.
Lo snodo cruciale è, quindi, il recupero del potere d’acquisto delle famiglie.
Decisamente. Aggiungo che un coordinamento più ordinato a livello europeo anche a questo livello aiuterebbe non poco.
(Lorenzo Torrisi)
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