Siamo in Italia e siamo italiani. Allo stesso tempo, siamo in Europa e siamo europei. Europeismo a parte, è giunto il momento di agire: il tempo è finito. Quest’ultima conclusione viene ripetuta da qualche tempo su queste pagine e, dopo la pubblicazione delle “Previsioni economiche di primavera 2020” elaborate dalla Commissione Ue, il dato relativo al nostro Paese deve obbligatoriamente imporre un cambio di rotta. Subito. Nel comunicato stampa diffuso, si legge come «l’economia della zona euro subirà una contrazione record del 7¾ % nel 2020, per poi crescere del 6¼ % nel 2021; allo stesso modo l’economia dell’Ue dovrebbe contrarsi del 7½ % nel 2020 e crescere del 6 % circa nel 2021. Le proiezioni di crescita per l’Ue e la zona euro sono state riviste al ribasso di circa nove punti percentuali rispetto alle previsioni economiche d’autunno 2019». Quanto sta accadendo rappresenta uno shock simmetrico «poiché la pandemia ha colpito tutti gli Stati membri».
A commento delle risultanze, si leggono le dichiarazioni di Valdis Dombrovskis e di Paolo Gentiloni. Il primo ammette come «le ricadute immediate per l’economia globale saranno molto più gravi di quelle della crisi finanziaria», mentre il Commissario europeo responsabile per l’Economia Paolo Gentiloni sottolinea l’entità dell’accaduto: «L’Europa sta subendo il più forte shock economico dalla Grande depressione. Sia la gravità della recessione che il vigore della ripresa saranno disomogenei» ovvero «tali disparità rappresentano una minaccia per il mercato unico e per la zona euro».
E proprio dai dati diffusi appare un quadro non favorevole soprattutto per il nostro Paese. Analizzando il solo dato sulla produzione, appare nuovamente ed evidente, il parallelismo tra Italia e Grecia: il Paese ellenico occupa l’ultimo posto nella classifica di maggiormente colpiti con un Pil per il 2020 previsto in calo del 9,7%, mentre il Bel Paese si posiziona subito dopo con una marcata flessione del 9,5%.
La ripresa vista in maniera “disomogenea” trova realtà nei dati del prossimo anno: l’Italia insegue la Grecia con un incremento del 6,5% rispetto all’ellenico 7,9%. Questa differenza pone – di fatto – il nostro Paese in uno stato di assoluta difficoltà. Un terreno poco favorevole soprattutto in ottica di brevissimo periodo poiché in prossimità di importanti e decisivi appuntamenti finanziari.
Guardando ai mercati finanziari, gli operatori si stanno lentamente muovendo: lo spread tra il decennale dei due Paesi e quello della Germania quota ormai in territorio comune. Con un rendimento superiore al 2% (2,159%) il differenziale della Grecia gravita a 266 punti, mentre, l’Italia vede il proprio valore attorno ai 250 punti e un YTM a 1,985%. Questa lieve e impercettibile differenza tra le due economie europee non può lasciare indifferenti e nelle prossime 48 ore è plausibile un mutamento dell’attuale scenario.
In sede di Eurogruppo è probabile un ennesimo nulla di fatto dal punto di vista operativo (rif. recovery fund), mentre, al termine della settimana, le due agenzie di rating Moody’s e Dbrs Morningstar potrebbero scalfire la solidità italica. In caso di revisione (al ribasso) del giudizio nei confronti del nostro merito di credito, il sopracitato spread tra i due Paesi vedrebbe un concreto sorpasso ai danni dell’Italia. All’indomani dell’eventuale verdetto, osservare sui monitor delle sale operative quota 300 punti, non appare utopia.
Il dato della Commissione Ue sullo stato di salute delle varie economie obbliga il nostro Paese a uno scatto in avanti che, mai come in questo momento, appare scontato. L’orgoglio dei singoli cittadini non è più sufficiente a far fronte al sacrificio e l’azione politica dell’esecutivo in carica, giorno dopo giorno, appare indebolirsi.
L’Italia e gli italiani sono in difficoltà. Ora più che mai voler essere europeisti o anti-europeisti non conta. Il nostro Paese ha bisogno di nuova energia, linfa, e vitalità istituzionale a favore e nel solo interesse del popolo italiano. Essere in Europa, ed essere europei, rappresenta un’opportunità e non un fardello a cui far fronte. Quanto più sarà presente tale distonia, tanto più il nostro Paese rimarrà isolato e vittima del più cinico nemico esistenziale: se stesso.