«L’Italia come l’Europa tornerà ai livelli di crescita Pil pre-Covid ad inizio del 2022, a due anni dall’inizio Covid»: lo spiega oggi all’Huffington Post Giampaolo Galli, economista già in Banca d’Italia, Confindustria ed ex parlamentare Pd. Oggi è collaboratore di Carlo Cottarelli all’Osservatorio sui Conti Pubblici dell’Università Cattolica di Milano: il futuro della crescita in Italia è destinata a fare ben oltre l’immaginabile “rimbalzo” post- crisi, anche se «Ci saranno molte cose nuove e positive ma i vecchi nodi da sciogliere saranno gli stessi, mentre nuovi pericoli potrebbero affacciarsi. E non dovremmo gioire troppo del ritorno ai livelli di Pil del 2019».



Il nostro Paese ha un gap enorme da colmare sugli assi portanti della crescita e del Pil, anche prima del Covid: «Nel 2019 l’Italia stava sotto il livello del 2007, ossia prima della grande crisi finanziaria. E fra la metà degli anni novanta e il 2007 il Pil era cresciuto pochissimo». Certo, il rimbalzo di questi ultimi mesi è decisamente positivo ma non basterà se non verranno risolti i problemi cronici che affliggono l’economia italiana: «speriamo che i fondi europei e le riforme ad essi collegate ci aiutino a farlo, grazie anche all’autorevolezza di Draghi», prosegue l’economista ex Bankitalia.



BUROCRAZIA E GIUSTIZIA, I VERI PROBLEMI DELL’ITALIA

Galli non fa che ribadire le due “direttrici” principali della crisi italiana perenne a ben prima del Covid-19: burocrazia e giustizia, su questo il Governo e il PNRR dovranno cercare di rivoluzionare una volta per tutte. Secondo il docente di Politica Economica, sempre sull’HuffPost, illustra i principali passaggi da effettuare: «Agire sulla burocrazia significa anche disboscare la giungla legislativa e remunerare i dipendenti sulla base del merito, come si fa all’estero e anche in alcune amministrazioni italiane, ad esempio la Banca d’Italia». Sulla giustizia invece serve ridisegnarla completamente, ben oltre la riforma Cartabia, «Due nodi fondamentali che finora non siamo riusciti a sciogliere e che restano l’incognita principale per il nostro Paese». Il problema è che la spesa pubblica nei prossimi anni dovrà comunque essere aumentata per condurre i piani del Recovery Plan e le riforme che i partiti chiedono da tempo (pensioni, fisco, ammortizzatori sociali): dunque, come uscirne? Conclude Galli, «Oggi il deficit pubblico è al 12 per cento, dovremo scendere al 6 per cento nel 2022 e poi fino al 3 nel 2025. Questo perché ci siamo impegnato con il Def a riportare il debito pubblico dal 160 per cento del Pil al 135 per cento, il livello di prima della pandemia. È vero, abbiamo 10 anni di tempo per farlo; sembra tanto, ma alla luce dell’esperienza dei precedenti decenni non sarà affatto facile».

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